giovedì 26 novembre 2015

Perle rosa... irriverente

http://rosascioccato.blogspot.it/

martedì 24 novembre 2015

Un altro giorno alla memoria

Non mi piacciono i giorni "dedicati a".
Puliscono le coscienze sporche.
L'olocausto in primis: insomma! Fai una strage e poi chiedi scusa un solo giorno all'anno?
Devi applicarti perché questo non succeda più, non fare ammenda per mezzo minuto, sentirti un gran bell'essere umano perchè lo fai e poi passi ad altro.
Lo stesso è sulla violenza sulle donne.
Picchi una donna, le chiedi scusa e passi ad altro. Sì, un altro ceffone.

Il problema principale che poi abbiamo qui in Italia è l'omertà.
Lo sai, ma non lo dici.
Lo sai, ma lasci in sospeso, al massimo mezze parole, giusto per fare il figo "che sa", infatti i fighi non prendono mai mezza responsabilità.
Mezze parole buttate al vento, solo perchè si ha il fiato per parlare.

Poi c'è lo stigma sociale. Parli, esprimo opinioni, non va bene.
Soprattutto se sei una donna.
Devi compiacere e essere maschilista, riconoscere la superiorità degli uomini e accettare di non essere nessuno.
Meno di un essere umano.

In fondo abbiamo conquistato l'anima dopo 15 secoli di pentimento e prostrazione davanti a un crocefisso.

Davanti a un uomo dobbiamo ancora farlo, se no non siamo considerate.

Che poi non è essere considerate.
E' essere in vetrina.

Se poi apri la bocca, non vogliono che tu faccia altro che... beh, lo sappiamo no.

Ma fino a quando ci saranno donne che lo accettano e, soprattutto, pretendono che anche le altre donne lo accettino.
Il giorno del "mi dolgo, ma domani è un altro giorno uguale agli altri" rimarrà un giorno per l'ipocrisia di chi vuole lavarsi le mani sporche di sangue.

mercoledì 18 novembre 2015

Simona e la lunga storia d'amore (IV parte)



Il concerto era stato davvero bello.
Lei, le sue amiche, Rosa e Stella, e tanta gente.
Soprattutto tanti amici. 
Un casino come pochi, anche se in fondo il concerto non era di un gruppo particolarmente amabile.
Simona si era spesso chiesta che fine avessero fatto Roberto e il loro amico, ma se doveva essere sincera si era divertita così tanto che non se n'era preoccupata molto.
Erano arrivati separatamente (visto che lui era rimasto d'accordo con altri amici di arrivare prima per mangiare) e lei li aveva raggiunti portando, a sorpresa, le sue amiche ignorando la faccia irritata di Roberto appena aveva posato gli occhi su Rosa.
Forse perchè negli ultimi mesi, quando lui non aveva voglia di uscire lei rispondeva:
<< Ok, allora raggiungo Rosa. >>
Ma non era colpa di Simona, se Rosa dopo aver chiuso il bar, a qualunque ora fosse, era disposta a rimanere fuori e andare a sua volta per locali, mentre Roberto non voleva muoversi neanche a pagarlo oro per la maggior parte dei fine settimana.

Cosa avrebbe dovuto fare? Starsene chiusa in casa a guardare la tele?
Non era mai stata il tipo e non lo era mai stata.

Che poi il concerto li avesse visti separati, non era di certo colpa sua, nè lei l'avrebbe mai reputato a Roberto. Anche con le altre per qualche momento si era persa, ma la sua altezza permetteva alle amiche di scovarla nel bel mezzo della folla e anche se non l'avessero fatto, sapevano perfettamente di poterla raggiungere alla prima pausa o appena finito il concerto.
Le era sembrato ovvio che Roberto non avesse fatto come le sue amiche.

In fondo era un uomo.

Sarà per quello che, appena la musica aveva cessato definitivamente di girare per l'aria, non si era subito chiesta dove fosse, limitandosi di guardarsi attorno.
Fu quando la folla si era diradata che cominciò a pensarci seriamente, smettendo qualche volta di parlare con gli amici appena trovati.
<< Dov'è Roberto? E' da un bel po' che il concerto è finito, io non lo vedo da nessuna parte. Magari è riuscito ad andare dietro il palco? >> chiese Rosa capendo perfettamente quali domande le stavano scuotendo il cervello.
<< E' vero... non lo vediamo da un po'. Magari è alle bancarelle a vedere i vinili di cui ci parlava quando siamo arrivate.... >> Commentò Stella guardandosi attorno a sua volta.
In tutta risposta, Simona tagliò la testa al toro: prese il cellulare e lo chiamò.
Stella e Rosa l'ascoltarono parlare brevemente la conversazione:
<< Ciao, dov'è che sei? >> disse << Io sono all'entrata con Stella e Rosa. Vi stiamo aspettando. Come? Ah... Ok. >>
Quando mise già le guardò, quasi stordita.
<< E' alla macchina. >> disse << Ha detto che stava giusto per salire in macchina e tornare a casa. >>
<< Stai scherzando? >> disse Stella guardandosi alle spalle, dove c'era l'immenso parcheggio dove anche loro avevano trovato posto.
<< No. >>
<< No, dai, impossibile. Sarebbe venuto almeno a salutarti. >> continuò Stella.
<< A quando pare no. >>
<< Ma no, che stronzo! >> disse Rosa.
<< Ma infatti! >> convenne Stella << Simona? Da quanto ci conosciamo? Dieci anni? Fuori dai denti, te lo ripeto. Mollalo. Da quanto te lo dico? Undici anni? No, sul serio, non si lascia la propria fidanzata da sola senza salutarla, manco se è con delle amiche! >>
Lei tacque.
<< Stella? Sai quante volte glielo dico io? Almeno una a settimana. Tipo ogni volta che gli da buca. Simo? Va bene, gli vuoi bene. Va bene, è un bravo ragazzo. Va bene, ci stai da tanto tempo... no aspetta. Appunto perchè ci stai da tanto tempo, mi spieghi perchè dovevi chiamarlo tu se è lui che se ne sta andando? Manco un messaggio? Cos'è? Quando pensava di dirtelo? >>

Simona non rispose.


In fondo, che doveva rispondere?

sabato 7 novembre 2015

Parla la Bloggher: sono nel silenzio involontario

Ciao a tutti,
quei pochi che sono già passati di qui un tempo, penseranno:
"Ma va? E' ancora viva?"
Ebbene sì, lo sono.
Sono solo molto impegnata, ma non per colpa mia.
Più o meno.
Dovrei organizzarmi meglio in fondo, no?
Stanotte però non riuscivo a dormire...

Pensavo a Chiara Insidioso e alla dignità che le hanno tolto.
La cosa più squallida è che non gliel'ha tolta l'uomo che la resa un vegetale, ma gli uomini che hanno diminuito la pena a quest'ultimo.
Come se 20'anni fossero pochi per quel...



scusate, ma non riesco a trovare un termine adeguato, ma solo CRIMINE.

Chiara, perla rosa, ave a te.


sabato 20 giugno 2015

Sara e il suo migliore amico.

Sara non aveva un elevato numero di amici.
O meglio.
Ogni lavoro, comportava nuovi amici.
La fine del liceo aveva comportato la perdita di alcuni di loro.
La fine dell'università altrettanto.
Negli ultimi 3 lavori aveva conosciuto molta gente, ma nessuno di loro era ancora definibile un amico (se non su facebook) tranne per tre o quattro ex-colleghe, licenziate come loro per esubero di personale (e sostituite da tirocinanti sfruttate e non pagate).
Poi c'era Romeo.
L'aveva conosciuto a un corso d'Inglese e dal primo momento aveva capito alcune cose fondamentali su di lui:
- Un nome del genere era del tutto sbagliato con un uomo poco galante come lui, per quanto fosse sempre un signore con il gentil sesso, visto che l'unica cosa romantica che aveva era la perfetta pronuncia francese, data dall'averci vissuto tutta la sua infanzia.
- Aveva necessariamente bisogno di un incontro con Enzo Miccio per evitare di mettere dei pantaloni ascellari di 3 taglie superiori alle sue e pensare che quella fosse eleganza. (Insomma! Era cresciuto in Francia, non in Germania! Come poteva avere un così pessimo senso estetico?!)
- Aveva un'anima delicata da artista, per quanto fosse un ingegnere.
- La sua cantina era piena di vini spettacolari, ma in fondo, da uno cresciuto in Francia...


Finito il corso, Romeo era l'unico con cui si era sentita, per quanto gli altri fossero oggettivamente più brillanti.
Romeo sapeva ascoltare ed era sempre disponibile a dare una mano.
Era vedova da qualche mese e con una tresca odiosa alle spalle (con un uomo che l'aveva lasciata per la eiaculazione precoce, tra l'altro, come se fosse stata colpa sua! E non lo aveva neanche deriso come invece aveva fatto la sua amica quando l'aveva raccontato!) che le aveva lasciato solo amarezza, quando accettò l'invito a casa sua.
Si stava preparando ad andare quando sua sorella, l'Infingarda, le aveva messo la pulce nell'orecchio.
 
E se quello per lui era un appuntamento?

Con quel tarlo che la rodeva, arrivò fino al citofono di casa sua e per tutta la serata, continuò a fare allusioni sulla sua impossibilità emotiva di iniziare una qualunque relazione.
Riuscì a elencare tutti i motivi per cui al momento lei non voleva avere mosconi in giro:
- La sofferenza per il suo lutto
- Il fatto che nessuno (NESSUNO!) fosse riuscita a scuoterla dal torpore (aveva certo accuratamente evitato di parlare di Ejaculatio Praecox - come ormai la sua socia l'aveva soprannominato, assieme ad un numero sempre più inquietante di altri sedicenti Latin Lover)
- L'esigenza che aveva di sentirsi viva non era così forte da essere disperata da rinunciare alla sua nuova libertà (in fondo con EP voleva solo rilassarsi un po', certo non progettava un secondo matrimonio! Forse era un po' depressa, ma non disperata!)
- Ora vedeva tutti gli uomini come degli stronzi (vero: non avrebbe mai parlato a Romeo di EP, ma comunque non poteva non sfogarsi).

Lui aveva ascoltato in silenzio, gli aveva dato ragione. Anche per quel che lo riguardava, infatti, le ragazze che incontrava erano tendenzialmente delle amebe stupide che non sapevano ragionare col loro cervello.
Con il risultato che nessuno la attraeva davvero e lui cominciasse a temere di essere diventato gay.
La serata, con suo grande sollievo, si finì con un nulla di fatto ed era tornata casa brilla e sicura che Romeo avesse mangiato la foglia e che avesse capito che tra loro non ci sarebbe mai stato niente. Si compiacque anche con se stessa: l'aveva messa in modo tale da non fagli pensare di avere qualcosa che non andava o irritare il suo amor proprio.
 
Ci vollero due giorni prima che lui le scrivesse, lasciandola basita.
 
Scusa, Sara, ma l'altra sera ci stavi provando con me?
 
Lei lesse e rilesse il messaggio, prima di rispondere.
Sei ore dopo.
Insomma, va bene tutto, ma dire che non era emotivamente disponibile, voleva dire provarci, secondo lui?!
 
Perché, scusa?
 
La replica di Romeo non si fece attendere.
 

I discorsi che hai fatto. Erano così strani... 
 
Sara confermò a se stessa una verità fondamentale: uomini e donne abitavano su mondi diversi.
 
NO. Veramente no. Provarci con te non era assolutamente nei miei pensieri. Anzi. Perché? Tu ci volevi provare quando mi dicevi che le donne che incontri in questo periodo non riescono a interessarti?
 

Lui rispose poco dopo.
 
No, infatti. Anche io volevo chiarire che non ero interessato. Ma poi oggi, mentre lavoravo, mi è venuto il dubbio...
 
A quelle parole, Sara scoppiò a ridere e si rilassò.
 
Di serate come quelle ne arrivarono altre, solo loro due, o con altri amici.
Sara era felice di averlo nella sua vita.
Il rapporto con lui era come quello che si poteva avere con un fratello, solo senza quella rivalità tipica che si ha con qualcuno con cui dividi lo stesso sangue e gli stessi genitori.
 
Il loro rapporto aveva solo due difetti.
Il fatto che non gli avesse mai presentato qualcuno di interessante (cosa purtroppo reciproca, visto che, ahimè!, o gli aveva fatto conoscere donne impegnate, o le sue amiche insensibili al suo cuore vecchio stile) e che non aveva ancora avuto il coraggio di dirgli che lo avrebbe accompagnato a fare shopping.

martedì 16 giugno 2015

SIMBOLO VUOTO - storie arturiane

Dopo l'ultimo post cambio del tutto il genere.
L'ho detto che amo le storie e ne ho appena letta una che mi ha fatto piangere...
Che volete che vi dica: fondamentalmente sono una romantica e gli amori tragici hanno sempre un fascino tutto loro...

La storia poi è basato sulle Leggende Arturiane, e qui Mordred e Ginevra sono i protagonisti dei ricordi di Artù e dove la sofferenza di un padre si unisce a quella di due amanti alla fine delle loro vite...

Simbolo vuoto.

Leggetelo e fatemi sapere se non è triste... e non vi piace.

lunedì 15 giugno 2015

Una nuova idea e tante scuse.

E' da un po' di tempo che non scrivo.
I motivi sono tanti. Quelli ufficiali sono che il tempo è diminuito e quello ufficioso è che se ho avuto un po' di tempo libero non l'ho passo davanti al pc... piuttosto davanti alla tv, che comunque ora finge di non conoscermi.

Mentre scrivevo i mediocri resoconti a cui mi capita di assistere, non ho potuto fare a meno di pensare alle mie letture al femminile.
Sono in molti i libri che mi sono passati tra le mani.
Ho preso la balzana decisione di condividerli, proprio come ho condiviso gli altri racconti.
Queste, però, sono scritte da professionisti e possono essere racconti più stimolanti dei miei, per lo meno per sognare.

Basterebbe solo questo da dirvi, ma da prolissa quale sono (faccio piuttosto fatica a fare post di media lunghezza, voi non lo sapete, ma è così ora l'ho detto) voglio farvi sapere che i libri saranno di diverso tipo:

- Saggi biografici (che sono oggettivamente la mia insana passione, tanto che ancora sogno esca in Italia un saggio su Madame Elisabeth di Francia, ma la prossima volta che vado a Londra o a Parigi entro in una libreria e al diavolo la mia poca - o nulla - conoscenza della lingua)
- Romanzi biografici (anche se a volte peccano di troppo amore dello scrittore per il protagonista, ma le storie tendono a essere così belle che non posso fare a meno di apprezzarle
- Romanzi (che non necessitano di altro da dire perché sono una meraviglia letteraria)
- Letteratura varia che mi ha colpito.

Ammetto anche che ho pochissimi fondi per compare libri, quindi mi permetterò di linkare e collegarmi con siti che li vendono... se volete aiutarmi (non vi costa nulla) e volete comprarli, potete aiutarmi a guadagnare qualche centesimino.

mercoledì 6 maggio 2015

Michela e il principe azzurro (III parte)

 
 
Giacomo era andato via per una settimana.
Non era insolito. Anzi.
Il suo lavoro non lo costringeva certo a mancare così tanto, ma Michela non si preoccupava.
Insomma, se uno lavora in un campo speciale come il suo...
In quei casi, tanto, usciva con Federica.
Era sua amica da molti anni e, in fondo, era quel genere di amica che non le incuteva timore.
L'aveva conosciuta appena era diventata la ragazza di Giacomo e, dopo solo un attimo, l'aveva inquadrata per la disperata che era.
Non era una brutta ragazza, ma volgare.
Non era cattiva, ma stupida.
A volte Michela non poteva non pensare che in fondo l'unico motivo per cui ci usciva e che la passava a prendere.
Non riusciva mai a tenersi uno straccio d'uomo.
Mai una volta che fosse una.
O almeno per più di un mese.
Era stata con parecchi uomini ma non Federica sapeva che non sarebbe mai stata capace di tenersene uno, anche perché non ascoltava MAI i suoi consigli.
Anche quella sera, mentre si lamentava dell'ultimo con cui era uscita (com'è che si chiamava? Marco? Franco?) e che non si era fatto più sentire, lei ascoltava senza riuscire a sentirsi quasi infastidita.
<< Oh, andiamo! Non credi che fare l'isterica e continuare a chiamarlo ha solo innescato la sua grande resistenza maschile? >> chiese infine.
Federica la guardò senza capire.
Niente da fare, Federica era essenzialmente troppo stupida.
<< Bisogna essere dirette e chiare con gli uomini.>> disse in fine dopo una lenta sorsata al suo bicchiere di coca cola << E soprattutto non fare dieci telefonate in un'ora. Gli uomini amano la donna che li adora, ma non che li perseguita. E' castrante.>>
Federica continuava a guardarla senza replicare.
<< Io ho chiamato Giacomo solo una volta stasera. Ora, non è che controllo il telefono per vedere se mi scrive qualcosa. D'altro canto, non lo chiamo ogni 5 secondi per sapere cosa fa. So cosa sta facendo, le trasferte di lavoro sono sempre le trasferte di lavoro e ora è giustamente con i suoi soci a bere qualcosa, ovviamente. Vorrei sentirlo? Ovvio, ma lo faccio respirare. >>
Federica fece per aprire la bocca per parlare ma poi tacque e Michela si chiese se avesse almeno capito una delle cose che le aveva detto, ma poco importava: anche se non c'era Giacomo, quella era una bella serata, altri amici erano lì attorno per fare quattro chiacchiere intelligenti e lei era bella come sempre.
Soprattutto con quel corpetto rosa che la faceva sembrare uscita dal Moulin Rouge...

sabato 25 aprile 2015

ROSA e il suo punto di vista.

volo rosa scioccato fly



Rosa era piccola e dall'aspetto fragile.
Nasino piccolo, orecchie piccole, braccia esili, fianchi stretti, risata divertente.
Un sorriso alla Julia Roberts e un'aria civettuola alla Marilyn.
Innescava inevitabilmente l'istinto di protezione degli uomini.
Per lo più sbagliati.
Ogni volta che si era innamorata l'avevano fatta soffrire.
Prima professavano grande amore e poi scappavano alla prima occasione.
La colpa? A quanto pare sua perché non era la cozza ossessiva che tutti loro dicevano di non volere (e perché rompere le scatole, se mi rispetti io mi fido e tu puoi fare tutto quello che vuoi)

A dire la verità, ogni volta che si era fidata di qualcuno o che avesse confidato mezzo segreto, si era ritrovata umiliata in pubblico.
Alla televisione vedeva sempre storie di amicizia profonda, di amore disinteressato e non si era mai chiesta "perché non a me", ma piuttosto "ma prendono in giro?".

All'età di ventidue anni, ormai, Rosa era disillusa sui rapporti sociali. Non che ne fosse mai stata una fan, ma ormai era arrivata al limite.
 
Di suo poi aveva sempre avuto contro un carattere schietto e un modo sbagliato di dire le cose, ma era convinta che certe cose non potevi abbellirle, anche solo perché le persone erano così bisognose di confermare il proprio credo che distorcevano qualunque cosa per vivere in un mondo di illusioni.
Ironicamente, come amica era l'affidabilità fatta persona.
 
Proprio quel genere di amiche per la vita nelle storie adolescenziali.
 
Lo poteva confermare Mauro, divorziato non per sua scelta, che la teneva al suo locale.
Non era entusiasmante come cameriera, ma era come il fiore per i calabroni della zona e, soprattutto, quando la sua dolce metà era andata via di casa, quella che aveva annullato la sua vita sociale per tirargli su il morale era stata proprio lei ad aiutarlo ed essere una vera spalla su cui piangere e diceva proprio quello che i suoi amici non gli dicevano.
 
Certo, Rosa si era dovuta zittire un paio di volte con parecchie persone e anche Mauro, a quel punto, a fine serata di doveva sentire gli sfoghi della sua dipendente:
- C'era il fanatico del Metal che voleva spiegare perché era l'unica musica decente al mondo (Rosa si dannò per aver detto che non la entusiasmava quel genere di musica perché furono 2 ore tediose in cui anche Mauro aveva pensato di buttare fuori il cliente)
- C'era il maniaco che non poteva entrare senza salutare le sue tette come se le avesse mai viste davvero (che però aveva imparato a stare al suo posto dopo essersi beccato una testata)
- C'era il sessista che diceva che il ruolo della donna era quello della serva (e quando arrivava lui Mauro gli dava una mancia extra per stare zitta e non ribattere... o ucciderlo)
- C'era la vecchia panterona che gli dava consigli su come trovare un uomo e le chiedeva che problema avesse perché non ne aveva uno (impensabile l'idea che non ne volesse, anche solo perché i clienti del bar le facevano perdere qualunque voglia)
- C'erano le coppie dei grandi amori che duravano l'arco di un battito di ciglia ma che davano dei postumi che lei si doveva subire per settimane perché dopo la rottura c'erano le recriminazioni di lui con gli amici e i piagnistei di lei con le amiche (e Rosa si chiedeva ogni volta come mai non chiamavano quelle relazioni come dovevano essere chiamate - la storia di una scopata - invece di fingere un'importanza che non c'era da nessuna delle due parti)
- C'era la vecchietta simpatica che prendeva il suo tea in solitaria perché aspettava la fine dell'orario d'asilo del nipotino (l'unica persona che Rosa sentiva di invidiare a volte, anche se per poterlo andare a prendere si smazzava quasi un'ora di autobus per poi doverlo aspettare un'altra mezz'ora, ma Rosa credeva fosse quello il vero amore)
- C'era anche una coppia che Rosa chiamava "La coppia invertita", dei vecchi amici di Mauro e qualche altro abitué  (e che Rosa decisamente non capiva, visto che se avesse avuto a che fare con un uomo come quello più di una volta a settimana lo avrebbe preso a calci fino a fargli uscire le palle che non aveva).

Più il tempo passava, più Rosa si chiedeva perché le persone si dovevano intestardire in certe situazioni. O meglio: relazioni.
Se lo confermò quando vide Simona (la parte virile della coppia invertita) arrivare da sola in quello che, a quanto pareva, era il giorno in cui festeggiava il suo compleanno con Mauro e altri loro amici.
Aveva portato dei pasticcini e uno sguardo fin troppo triste per qualcuno che compieva gli anni.
Non ci mise troppo tempo (quella ragazza aveva bisogno di una confidente, convenne Rosa) e la ragazza si era sfogata.
E Rosa aveva avuto la conferma: la prima donna era uno stronzo.

Ma stronzo come una donna, il che è anche peggio.

Da allora Rosa cominciò a stimare lo stoicismo di Simona, ma dall'altro lato confermava sempre di più il suo punto di vista: al mondo ci sono solo egoisti che vivono per stritolare le persone che li amano.
Ma lei, piuttosto, avrebbe evitato chiunque si intromettesse tra lei e la sua vita.
Che sia negli obbiettivi o nel modo di pensare.

Era con questo punto di vista che mollò dopo due mesi l'ultima sua fiamma che, dopo averla accusata di non pensare mai a lui (perché non gli faceva uno squillo la mattina manco avessero ancora quattordici anni) e di essere una persona troppo dura.

Ma Rosa non era dura. Era solo ferma e conscia della sua dignità.

lunedì 13 aprile 2015

Perle rosa... arcobaleno

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Simona e la lunga storia d'amore (III parte)




Rosa era diventata una sua amica col tempo.
Si erano conosciute al lavoro di lei: il bar che Simona frequentava ogni domenica con Roberto.
Era piccola, chiassosa e con la faccia da brava bambina che lei non aveva mai avuto.
Aveva visto uomini trattarla come i guanti o spiegarle le cose come fosse stata stupida.
Peccato che a lei non sembrava stupida. Magari vanesia, ma non stupida: lei li faceva parlare, bere e ancora bere.
Spendevano più quando c'era con lei che quando lei era assente.
Ed era per questo che lavorava lì nonostante tutti i ritardi che le capitava di fare.
Nella pura cortesia dei momenti passati in quel piccolo locale, si erano annusate e studiate nel massimo della cortesia che la situazione comportava.
Avevano cominciato a parlare sul serio quando, a un suo compleanno, lei era passata per festeggiare con Roberto e un paio di amici, giusto quelli che beccavano in quel bar.
Roberto era in ritardo quel giorno.
Non era passato lei a prenderlo quella volta: Roberto doveva fare un paio di commissioni con un suo amico e l'avrebbero raggiunta più tardi.
Rosa e Mauro, il proprietario del bar, l'avevano accolta con il solito sorriso gioioso e Mauro si era ricordato addirittura di farle gli auguri.
<< E' il tuo compleanno? Auguri!!! >> disse di rimando Rosa con un sorriso entusiasta.
Simona non potè che sorriderle di rimando chiedendosi perché le sue sorelle non le avevano mai sorriso così quando erano piccole.
Certo, neanche Rosa era piccola, ma visto che era 20 centimetri più bassa di loro, non poteva vederla in maniera diversa da una bambina delle scuole medie... anche se aveva appena finito il liceo.
<< Il tuo moroso capellone? Non viene? Festeggiate stasera? >> le chiese in automatico mentre le preparava il caffè.
<< Deve arrivare... ma lo conosco. E' con Enrico, un suo amico del gruppo, ha detto che arriverà tra un paio d'ore. >> rispose lei respirando profondamente l'aroma della miscela arabica nella sua tazzina.
In verità, Simona sapeva perfettamente che Roberto sarebbe arrivato tardi. Ma in fondo la cosa non le importava particolarmente. Se non fosse che era il suo compleanno... e parlare di Roberto cominciava a deprimerla.
Rosa fece palesemente finta di non accorgersene, tirando fuori una bottiglia di spumante.
I festeggiamenti andavano avanti da un'oretta abbondante e Roberto, in ritardo, non era ancora arrivato.
Simona, seduta al bancone del bar, sorseggiava il suo terzo bicchiere pensierosa.
Fu in quel momento che Rosa si sedette sullo sgabello al suo fianco.
<< Bello stronzo il tuo ragazzo, però. Al tuo compleanno arriva in ritardo? Cos'è? Non è lui al centro dell'attenzione e allora fa la prima donna? >> gli disse con un sorriso mieloso.
<< No... >> disse lei con poca convinzione.
Non serviva vedere l'alzata di sopracciglio di Rosa mentre lo diceva, lo sapeva benissimo che quello era uno dei pensieri frequenti che le erano venuti nell'aspettarlo.
<< Simona? E' uno stronzo. Doveva venire a prenderti, magari con una rosa, sicuramente con un bel regalo, e portarti qui per vedere quegli altri lì, se proprio dovevate, e poi portarti fuori a cena. >>
Simona non riuscì a ribattere.
<< Ammettilo che ho ragione. >>
<< E' impossibile. Lo vado a prendere io ogni volta. >>
<< No. >>
<< No? Non ci credi? >>
<< No, non ci voglio credere, anche se ha perfettamente senso. Però pensavo vi trovavaste al parcheggio qui vicino, vi facevate un giro e arrivavate qui per l'aperitivo. >>
<< No... se non arrivo io a prenderlo, non riesce a uscire di casa in tempo per l'aperitivo. >>
<< Sì... credibile. Immagino si faccia anche ogni sera le cento spazzolate per rendere i capelli lisci... li ha più belli dei miei. >> commentò lei facendo l'occhiolino di chi la sapeva lunga.
Simona rise.
<< No... quello no. Ma sì, ci tiene molto. Forse è solo un po' arrabbiato con me. In questo periodo le cose non vanno benissimo. >>
Dopo un attimo di silenzio, con lo sguardo fisso verso il suo bicchiere, continuò:
<< L'altro mese abbiamo discusso molto sul nostro futuro. Volevo ristrutturare casa di mia nonna e andarci a vivere, insieme a lui ovviamente, ma lui non ha voluto. >>
<< Da quanto state assieme?>>
<< Un po' di anni... >>
<< Del tipo?>>
<< Sei... quasi Sette. >>
<< Ah... >>
Rosa le riempì il bicchiere e se ne riempì un altro.
<< Purtroppo non posso farlo da sola perché non ho abbastanza soldi per ora, con tutte le spese di casa mia. >> continuò << E visto che ci sono rimasta male, lui ha cominciato a fare i capricci. Prima su cosa andare a mangiare, poi al telefono sul perché ho chiamato o non ho chiamato... e ha spostato a oggi l'acquisto di un ordine di cd che ha fatto in un negozio e dove doveva andare settimana scorsa... Si è anche lamentato all'idea di venire qui perché essendo sotto antistaminici ed essendo praticamente astemio, non potrà bere neanche mezzo bicchiere di spumante e avrebbe voluto portassi in giro lui e il suo amico.>>
Rosa bevve un altro sorso del suo bicchiere guardandola in silenzio.
<< E io di solito non parlo di queste cose, ma è il terzo bicchiere... e ora tutti sapranno i fatti miei. >>
<< Simona? Stai parlando con me, siamo tra donne e siamo solo in due. Qualunque presente in questo bar che potrebbe dar ragione a lui per pura idiozia è lì che gioca a calcetto o guarda gli altri pene-muniti giocare a calcetto. E mi ripeto. E' uno stronzo. Quando arriva posso trattarlo male? >>
Simona aprì la bocca per replicare, guardò tutti i suoi amici e il proprietario del bar in un angolo del bar a strillare come dei bambini davanti a Cristina D'Avena... o all'Uomo Ragno.
<< No... che poi mi da la colpa della cosa. Ci manca anche quello. >>
<< Sicura? Sono brava ad insultare e poi essendo una specie di bambola di porcellana, la gente non riesce a capacitarsi che possa essere anche la stronza che sono e rimane spiazzata. Sarà che io sorrido sempre... di solito io sono tipo insulto i clienti, ma fuori di qui prendo le misure tipo il pitone, hai in mente? Ti si piazza affianco, vede se può mangiarti, poi ti stritola e ingoia tutto. Io uguale. >>
<< Chi ingoia? >> chiese Mauro alzando la testa ridendo come un bambino che ha appena sentito una parolaccia, seguito dai suoi compagni di giochi.
<< Tu! >> rispose lei ammiccando e facendo ridere tutti.
<< Tu non sei stronza. >>
<< Tu mi sei simpatica, è per quello che non lo sono E poi Mauro mi ha messo il veto... >> disse lei stiracchiandosi << E lui non lo prendo in giro solo perché è il tuo ragazzo... anche se vi chiamo la coppia invertita. Perché fai quella faccia? Oh... sono la prima che ve l'ha detto? >> 
<< Sì. >>
<< Cavoli... E perché? Mica fai paura... ed è una battuta così palese che mi sembra ovvia... e comunque, scusa, ma non chiederò scusa per questo. E' vero e ti giuro che non sono l'unica che lo pensa... All'inizio pensavo fosse il tuo amico gay, poi Mauro mi ha detto che stavate assieme... da qui la coniazione del termine. E poi dai... state assieme da anni, preferisce stare a casa con mammina, piuttosto che andare a vivere con te, ma tu non puoi rimanerci male? Il minimo che, come donna, io posso fare è prenderlo per il culo sulla sua virilità. >>
Susanna aprì la bocca per replicare quando al porta si aprì.
Rosa saltò giù dallo sgabello.
<< Macciao! >> disse lei con un sorriso zuccheroso << Sei arrivato! Stavo giusto discutendo con Simona se chiamare la polizia, i vigili del fuoco o uno spogliarellista per festeggiare. >>
Alla parola spogliarellista tutti i ragazzi attorno al calcetto alzarono all'unisono la testa.
<< Dove?! >> chiese Mauro con fare tra il goliardico e l'assatanato.

A ripensarci, ad anni di distanza, Simona non poteva non pensare che in fondo Rosa fosse più simile a lei di quanto avesse mai pensato all'inizio: anche con lei le persone davano giudizi fermandosi sul superficiale ed era una cosa estremamente consolante.

martedì 7 aprile 2015

SARA e le grandi storie di una vita





Sara era sempre stata una di quelle ragazze che, finita una relazione, ne iniziava immediatamente un'altra.
Se non finiva una relazione proprio perché ne aveva un'altra a disposizione.
Un bel cuscinetto comodo-comodo su cui cadere senza farsi male.
Avrebbe potuto dire che era sempre stata fortunata in quel senso: quando si lasciava con un uomo (ed era lei che lasciava) aveva sempre trovato ben presto qualcuno con cui ricominciare.
Sua sorella le aveva sempre detto che era solo perché non era capace di rimanere single, ma lei rispondeva facendole il verso: in fondo non aveva mai iniziato la relazione con un uomo solo perché poteva, ma tutti gli uomini che aveva avuto, li aveva amati.

Era successo con Silvano che aveva lasciato per telefono dopo 5 anni di storia. Silvano era stato il primo amore, quello che solo durane il liceo si può vivere.
Crescendo, però, Silvano si era dimostrato diverso da come lo vedevano i suoi occhi da adolescente: non il principe azzurro, era un maschilista incivile che affermava che il suo sogno era arrivare a casa, avere i figli che gli portavano le ciabatte e la moglie che gli faceva trovare la cena calda, la casa pulita e in ordine, poi mettersi sul divano e passare la serata servito e riverito.
Una volta era stata costretta (per quanto non lo fosse con una catena, ma col senno di poi avrebbe parlato di "intimidazione sociale") ad aspettare a casa con un'amica che loro tornassero da una partita e si erano dovute preoccupare di cucinare per tutti.
E non era arrivato nemmeno un grazie, dopo essere arrivati con UN'ORA E QUARANTA minuti di ritardo perché dovevano farsi l'aperitivo al bar.
E neanche una scusa.
 
Beh... se non ti dicono neanche un grazie per una cena da 3 portate più dolce...
 
Oggettivamente, non se l'era presa molto sul momento, ma era rimasto un tarlo che l'aveva accompagnata per parecchio tempo e aveva cominciato a farle pensare seriamente al futuro,
Il suo, non il loro.
Non si era accorta quando lui avesse cominciato a dirlo e non si era accorta neanche di quando avesse cominciato seriamente a renderla furiosa a ogni sparata di quel livello.
Mesi, troppi mesi.
Sapeva solo che a un certo punto quando lui aveva detto, parlandole al telefono dopo l'ennesima discussione inconcludente, quasi fosse una minaccia, le parole che lei in fondo sperava:
<< Beh, allora se continuiamo così allora dovremmo lasciarci. >>
Lei non gli lasciò neanche il tempo di riflettere sulle possibili conseguenze di una frase detta più per far paura che per altro.
<< Hai ragione, bene. E' finita. Ciao. >>
Messo giù il telefono, Sara si sentì improvvisamente libera di un peso, sorprendendo tutti anche sua cugina a cui l'aveva raccontato serena durante una passeggiata domenicale per il centro e che l'ultima volta che li aveva visti, le erano sembrati innamorati come il primo giorno.

Un mese dopo aveva cominciato una relazione con Daniele.
La sua storia da universitaria.
Daniele era l'assistente di un suo professore universitario e avevano continuato a parlare quando si ritrovavano entrambi al bar in attesa di un caffè che, per sua fortuna, arrivava sempre più tardi di un buon servizio.
Daniele aveva un'aria elvetica e saldi principi morali: cattolico praticante e gentiluomo per passione. Forse un po' troppo austero, ma le conferiva molta sicurezza.
Era stato capace di farla sentire sin da subito come voleva sentirsi: considerata e desiderata.
Daniele era un uomo pieno di bei propositi e seriamente impegnato sul suo futuro.
Forse troppo, ma sapeva dove voleva arrivare e avrebbe fatto di tutti per raggiungere i suoi scopi.
Col tempo, però, l'impossibilità di potersi sposare( viste le esigue capacità economiche di entrambi) e la sua ossessione per il risparmio l'avevano influenzata a tal punto da minare anche il tra Sara e sua sorella: ad ogni compera fatta assieme, la passione per la considerazione dei pro e dei contro di Sara aveva raggiunto livelli sempre più alti e quando Claudia, esasperata, l'aveva presa di petto dicendole che per un euro poteva anche rilassarsi e prendere la cosa che più gradiva e se la spesa risultava essere cinque, poteva anche prendere qualcosa invece che privarsene come fosse una martire, visto che, comunque, non si comprava mai niente. 
Sara non aveva digerito l'offesa e le due per molti mesi si erano solo parlate in cagnesco.
Pian piano, poi, Sara si era resa conto che l'ossessione del controllo dei costi di Daniele si era reso ossessivo tanto che non uscivano più neanche per bere una Coca-Cola ( << Per 3 euro e 50 posso comprarmi due bottiglie intere e bermele a casa! >>) e si ritrovarono a passare l'ultimo anno chiusi in casa dei genitori di lui a guardare orribili programmi televisivi con la madre che, adorabile donna, tentava di essere un'alternativa migliore del cinema, ma non si accorgeva che più che altro le conversazioni con lei si erano trasformate in un'alternativa migliore a quelle col figlio.
Che stava cominciando a recriminare anche sullo stile di vita dei loro amici che, senza strafare, vivevano i loro vent'anni con moderata tranquillità.
Sara non guardava necessariamente con invidia le sue amiche che uscivano ogni sera, ma nello stesso tempo non riusciva a digerire che quei pochi eventi a cui avrebbe voluto partecipare (una sagra, un film interessante, un concerto gratuito) le erano stati preclusi perché << Bisognava risparmiare. >> e il che comportava:
  • Niente uscite il sabato sera
  • Niente scite la domenica pomeriggio (manco per un gelato in pieno luglio e afa milanese)
  • Niente profumo (perché in fondo cosa vuoi fare? Sembrare una prostituta?)
  • Niente caffè al bar (grande onta! Una donna da sola a un bar è un'addescatrice! E' lì solo per trovare un uomo e farsi pagare chissà cosa!)
Forse era per quello che, quando era andata in vacanza con sua madre, la conoscenza di Ettore le aveva cambiato la vita.

Ettore era alto e divertente.
E nello stesso momento in cui aveva posato gli occhi su di lei le aveva fatto capire di desiderarla.
Era stato elegante nel corteggiarla, Ettore.
Le aveva solo chiesto se era fidanzata (lanciando anche una battutina alla madre sull'argomento) per poi essere semplicemente premuroso per tutta la sua vacanza dove Ettore era l'animatore principale.
Finite le due settimane di visite, prima di salire sul pullman, le aveva dato il suo numero e lei, due giorni dopo essere tornata, l'aveva richiamato anche solo per parlare del tempo.
In fondo, non avrebbe resistito di più, dopo aver passato mezz'ora al telefono con Daniele a sentirgli dire che, insomma!, sua madre invece che pagarle la vacanza (una vacanza che non faceva da due anni), avrebbe potuto darle quei soldi che avrebbero potuto mettere via!
Ed Ettore invece sorrideva anche attraverso la cornetta telefonica...

Aveva lasciato Daniele guardandolo faccia a faccia e lui aveva minacciato di buttarsi sotto al treno della metropolitana.
Non si era sentita in colpa, a ben vedere (anche perché per colpa dei loro 5 anni assieme sua sorella quasi non gli rivolgeva la parola visto che, in un modo velato o meno le era stata della puttana e della ladra senza motivi oggettivamente validi), solo un po' dispiaciuta per averlo visto disperato per aver perso una delle sue cose.
Perché, nei fatti, in metropolitana non si era buttato, ma Sara aveva taciuto che si sarebbe buttata lei, all'idea di stare ancora con lui che si svegliava con idee grigie e non sorrideva neanche, quasi pensasse di dover pagare una tassa per il sorriso.

Ettore, poi, l'aveva corteggiata e conquistata.
Non che ci fosse già riuscito prima, ma Sara amava la galanteria da romanzo rosa.
Quando si erano rivisti, l'aveva fatta divertire e l'aveva fatta sentire come tutte le altre ragazze: piena di cose da fare, da vedere e da sentire.
Da vivere.
A ben vedere, Ettore era stato l'unico uomo che, nonostante i bisticci riguardanti la vita quotidiana, non le aveva mai fatto pensare che potesse trovare di meglio.
Ed era stato anche l'unico amore che non aveva mai voluto sostituire davvero.
Dopo pochi anni, Ettore se n'era andato semplicemente, con il suo sorriso allegro sulle labbra.

E nonostante tutto, Sara non avrebbe mai cambiato quei pochi anni con nient'altro. Neanche una vita piena di soldi, fama e successo.
E la sua vita, identica a quelle di tanti altri, fatta di lavori precari e insicurezza sul futuro, era stata degna di essere vissuta, perché lui era stato al suo fianco per quel battito di ali.

Il suo problema, però, era che non conosceva il significato delle parole "Da sola", da quando aveva 15 anni... e ormai ne erano passati altrettanti.

domenica 1 marzo 2015

MICHELA e il principe azzurro (II parte)


Era una serata come le altre, quando Michela, dopo aver chiacchierato con qualche minuti, si girò e vide qualcosa che non le piacque.
E quella cosa era l'ex lesbica di Giacomo.
Agnese, quello era il suo nome, era una vecchia fiamma di Giacomo, una di quelle storie tormentate che erano finite perché lui, voleva.
E lei, pur concedendosi più passatempi saffici che normali, non disdegnava farsi ancora avanti con il ragazzi delle altre. Specialmente con il suo.
Michela arricciò la bocca, irritata.
La si vedeva una volta ogni morte di papa, ma ogni volta faceva la gatta morta con Giacomo.
 
La stronza.
 
Era come quell'altra, quella sciacquetta con cui usciva Giacomo all'inizio della loro storia.
Sciacquetta che, tra parentesi, era stata ben estromessa dalla loro vita nel momento stesso in cui lei lo ava scoperto e, affrontandolo a muso duro, l'aveva fatto scegliere.
 
E lui aveva scelto lei.
 
Ovviamente!
 
Michela si era avvicinata e li aveva raggiunti, salutandola con un abbraccio e i baci di rito, concludendo i convenevoli muovendo la chioma rossa e accennando un sorriso da gatta.
 
La stronza, per fortuna, non era rimasta per molto: dei suoi amici l'avevano chiamata ed erano presto partiti per andare in una qualche anonima discoteca con musica coatta come lo era lei.
Agnese aveva salutato ed era andata via con un sorriso.
Giacomo, dal canto suo, era stato indifferente all'argomento, ignorando volutamente il suo sguardo interessato che gli lanciava e la sua normale e continua domanda.
 
<< E dimmi, cosa voleva? >>
 
Alla fine, preso dall'esasperazione, Giacomo alla fine rispose.
 
<< Nulla di che. Cosa vuoi che volesse? Era un anno che non ci si vedeva, dalla festa di Vittorio, ti ricordi? >>
<< Ah, c'era anche lei? >> chiese anche lei conscia di non aver mostrato ironia nella domanda: certo che lo ricordava! Ma non doveva essere certo così importante! Non davanti a lui!
<< Sì, era lì con una ragazza. Mi ha detto che si sono mollate mesi fa. Ci siamo solo aggiornati su cosa è successo. Hai in mente no? Il mio lavoro, i miei impegni con l'esercito, il suo lavoro, le sue storie... >>
<< Le sue storie? Davvero? Riesce ad averne molte? >> chiese lei con un sorriso ironico.
<< E' una bella ragazza, in fondo. >>
<< Se ti piacciono le burine tamarre... >>
<< Se ci sono stato assieme per sei mesi... >>
<< E quindi possiamo immaginare che le sue ragazze siano degli omoni pelosi. >>
<< Veramente ha gusti più raffinati. >>
<< Ah, davvero? >> chiese lei senza trattenersi dal ridere << E come fai a saperlo? >>
<< No... nulla >> ribattè il suo ragazzo tentando di tagliare corto.
 
Eh, no, caro mio. Ora parli.
 
<< Non mi sembra nulla. Ti ha fatto vedere delle foto? >>
<< Delle foto? No, ricordo solo la sua ragazza quella volta. >>
<< E da quando ti ricordi così bene le ex di quella? >>
<< Ho una memoria fotografica. Ricordo tutte le persone che incontro. >>
<< Giacomo? Come fai a sapere come sono le sue ex? La incontri senza dirmelo? >>
Il tono di Michela era così secco, che il ragazzo comprese subito di averla irritata sul serio.
<< Ti trova figa. >> disse dopo un lungo momento di analisi, aprendo gli occhi, scuotendo la testa e aprendo le braccia come se quella fosse un'ovvietà.
<< So di esserlo. Non è difficile. >> rispose Michela sempre più irritata. << Sparane un'altra. >>
<< Non la sto sparando per farti un complimento, giuro. Miky, Agnese pensa che tu sia davvero una gran figa, prima che tu arrivassi ha pure fatto un signor complimento. >>
Michela strinse le labbra, pronta a esplodere.
Giacomo si mosse sulla sedia.
<< Giuro che è così. Mi ha proposto una cosa a tre, figurati! >>
Michela sgranò gli occhi e lui si tranquillizzò.
<< Stai scherzando, vero? >>
<< No. >>
<< Ma che schifo! >>
<< Sapevo che l'avresti detto. Per questo che ho rifiutato e non te ne volevo neanche parlare! >>
Il silenzio calò per qualche minuto.
<< Ma davvero? >> disse lei in fine con un filo di voce.
Lui la guardò per un istante, mentre compariva nei suoi occhi una strana luce.
<< Sì... Perché? Ti interesserebbe? >>
<< Giak? No. Anche questa, proprio no. >>
Giacomo asserì a sguardo basso, sconfitto. Come un bambino che scopre che Babbo Natale non viene che una volta l'anno, mentre lui voleva vederlo almeno una volta a settimana.
Michela sospirò alzando gli occhi al cielo.
Quella sera gli avrebbe dovuto dare qualche contentino.

mercoledì 18 febbraio 2015

SIMONA e la lunga storia d'amore (II parte)




Simona non era stupida.
Sapeva che la sua relazione con Roberto non era idilliaca.
Tutt'altro.
Da quanti anni stavano assieme, ormai? Sette? Otto?

C'erano giorni che le sembravano centinaia...

La passione era decisamente scemata, anche se il profondo affetto che la univa al ragazzo era rimasto.
Aveva deciso scientemente di tenere soffocata in un angolo quella vocina, troppo simile alla sua di quando era bambina, che le diceva cose che non voleva sentire.
Perché sì, ormai doveva fingere di non trovare frustrante l'esigenza fisica che non veniva appagata.
Il problema tra di loro, ormai, era soprattutto il sesso.

Non è che era fatto male o ce n'era poco.
Il problema era che non c'era proprio.

Simona non era certamente una ninfomane (anche se ormai sembravano andare tanto di moda, per quanto le capitava di vedere quelle poche volte che stava davanti alla televisione), né una donna particolarmente ossessionata dal lato fisico di una relazione, ma anche lei aveva le sue esigenze.

Eccheccacchio!

Amava Roberto, ma da qualche (troppo) tempo a quella parte, quanto fosse preferiva non pensarci o sarebbe stata male, non avevano più rapporti.
Se passavano la serata assieme, si ritrovavano chiusi in casa a leggere libri sul letto.
O a guardare qualche vecchio film western.
Se era Sabato, passavano prima la giornata in quel bar carino che c'era in centro città, dove giravano amici vecchi e nuovi e si poteva stare tranquilli.

Quando aveva provato a invogliarlo a fare qualcosa, lui fingeva di non vedere.
E Simona sapeva che stava mentendo: lo conosceva meglio di quanto lui conosceva se stesso.
E quelle azioni erano ormai ben collaudate.
Ma se un uomo non vuole, non puoi costringerlo, no?
Peccato.

Ma in fondo lo capiva: non avevano una casa loro, l'intimità vera c'era quelle poche volte che riuscivano ad andare fuori per un fine settimana, il lavoro li sfiancava, le prove coi gruppi diminuivano ancora il tempo da passare assieme e assorbivano ancora più energie.
Poi c'erano i concerti, i pezzi da incidere.
La spesa, le pulizie di casa.
Le bollette...
La vita di tutti i giorni, insomma.

Ma Simona non poteva pensare quanto la cosa fosse frustrante.
Anche perché, non erano certo sposati.

Un paio di volte aveva anche provato a parlarne.
Ma come fai a intavolare la conversazione?

- Scusa amore, possiamo parlare?
- Sì, cara dimmi.
- E' da un po' che tra di noi non si scopa più. Come mai? Un'altra? Guarda che basta dirlo.
- ...
- Allora sei malato? Ci sono problemi? Guarda che si può curare quasi tutto, ormai.
- ...
- Allora?
- Oh, guarda... una cinciallegra sta mangiando le molliche di pane che hai lanciato in giardino.
- Eh, almeno tu e quel giardino ne vedete di uccelli...

A quei pensieri Simona non poteva che non ridere istericamente o fingere di non averli fatti. Anche se ormai, non riusciva più a guardare con gli stessi occhi quei volatili dal petto giallo e nero e con le guancette bianche che vedeva sempre dalla finestra della sua cucina mentre facevano colazione.

Doveva concentrarsi.
Anche lei era frustrata per quella situazione.
Se dovevano essere una vecchia coppia di sposi, che almeno abitassero assieme!

Le serviva una casa sua.

Ristrutturare il vecchio appartamento di sua nonna era la soluzione a tutti i suoi sogni.
Cominciare ad avere una vita sua, lontana da bollette non pagate che non erano neanche sue.

La sua tranquillità.
La loro intimità.

Sì, decisamente.

Con l'idea di aver risolto il problema, andò da Roberto e glielo propose.
Il sorriso, però, scemò pian piano dal suo volto quando lo vide arricciare la bocca, come se l'idea non gli piacesse.
Nei fatti, lui disse di no.
Simona non riuscì neanche ad ascoltare le sue scuse (la madre? I soldi? La distanza col suo lavoro?), ma sentì sempre più tenue la sua voce, mentre quella vocetta infantile cominciava a farsi più forte nella sua testa.

Ehi, Simo! Cos'è che dice sempre ai suoi amici?
"Sono così pigro che piuttosto che mettere incinta una tipa, me ne sposo una che lo è già!"?
Che ci sia qualcosa di vero?

Simona si depresse così tanto, che decise di risparmiare ancora un po', prima di impegolarsi nell'onere di una spesa così cospicua.
In fondo, con il mantenimento della sua famiglia, non era riuscita a risparmiare poi molto...

A ripensarci, Simona avrebbe dovuto ammettere che era stato quello, il giro di volta di tutto.
Comprendendo che in fondo anche lei era stata troppo pigra.
Comprendendo che...
che...

lunedì 16 febbraio 2015

Magazzino 18 di Simone Cristicchi

E' assurdo partire con delle scusa.
Purtroppo non posso farne a meno: Rosa Scioccato nasce come blog rosa, leggero e senza pretese. 
 
E così che ho intenzione di tenerlo. E di certo non ho intenzione di cambiarlo già al 4 post.
Qualche storia da raccontare, qualche libro da consigliare.
Nulla di impegnativo.
La vita lo è già abbastanza.
 
Solo che, non me ne abbiano a male le fan di 50 sfumature di grigio, ma mentre c'è quel film al cinema, io ho preferito passare due ore (intense e senza pause) a teatro a vedere Simone Cristicchi e il suo nuovo capolavoro.
 
 

Lo spettacolo parla della tragedia degli italiani istriani, di Fiume e Dalmazia. 
O meglio.
Personalmente mi sento di dire che parla della tragedia degli abitanti di quella terra di confine, dove tutti vogliono metterci becco e tutti vogliono fare da padroni, e tutta la povera gente che ne subisce le conseguenze.
Nel loro caso dai Fascisti che eravamo che non sopportavano gli slavi e i croati, ai titini che erano che hanno voluto la prima pulizia etnica della Jugoslavia partendo proprio dai nostri connazionali che vivevano in quelle terre.
Perché, detto fuori dai denti, non è un problema delle genti, ma dei governi. E poi ci si chiede perché Il mio canto libero è vietato nelle dittature.
Non c'è retorica, in Cristicchi, ma solo senso civico.
Lo spettacolo poi, che come ho detto qui sopra è molto lungo, è altrettanto piacevole.
Questo mio commento sembra stridere con il trattato, ma vi assicuro che è così.
Forse dovrei dire scorrevole.
Gli argomenti trattati (a cui non riesco a trovare un aggettivo qualificativo adeguato) sono decisamente raccontati bene. Per quanto sia emotivamente pesante (di pungi allo stomaco ne si ricevono parecchi) non lo è percettivamente: finisce capisci che è passato così tanto tempo solo perché guardi l'orologio.
Cristicchi è intenso e coinvolgente. I bambini che gli fanno da coro (presi dalle zone dove si esibisce) non sono né eccessivi, né leziosi e danno quel pizzico che serve.
Tendenzialmente però, è il cantautore italiano che tiene banco per tutto il tempo.
 
Se volete vedere qualcosa di davvero degno di essere visto, andate a vedere Magazzino 18.
Non è tempo perso.
Per me per lo meno non lo è stato.
 
E vi assicuro, riparlerò di Magazzino 18: ho preso il libro. 
  
 

martedì 10 febbraio 2015

MICHELA e il principe azzurro (I parte)

rossetto rosso


Michela era, a detta di tutti, una bellissima ragazza.
Soprattutto, sapeva di esserlo.
Aveva lunghi e morbidi capelli rossi, grandi occhi neri e un corpo mediterraneo: piccolo e formoso.
Non era una bomba sexy, come le modelle di Victoria Secrets, ma anche lei sapeva far girare più di una testa al suo passaggio.
Le piacevano i vestiti, soprattutto quelli che sapevano valorizzare ogni curva del suo corpo, facendola assomigliare a una Barbie.
E si sa, alle bambine piccole piace giocare con le barbie, ai bambini grandi pure.

Sì, Michela amava scaturire l'interesse degli uomini, soprattutto perché non provava interesse per nessuno dei suoi spasimanti: lei apparteneva a un uomo, uno soltanto.

Giacomo.

Michela e Giacomo si erano conosciuti quando lei aveva diciannove anni.
Lui ne aveva nove in più e l'aria rude dell'uomo vero.
Non era bellissimo, tutt'altro: non era molto alto, aveva un corpo piuttosto asciutto e a dire la verità avrebbe dovuto fare più di una visita dal dentista, ma a lei non importava.
Giacomo aveva infatti quel modo di fare maschio che a lei piaceva: rude quando serviva, prepotente quando era necessario. In più, la coccolava come una bambina e la trattava come fosse la regina del mondo, la sua principessa da difendere; ovunque volesse andare, lui l'accompagnava, qualunque cosa volesse fare, lui l'accontentava, qualunque cosa volesse, lui gliela prendeva.
La viziava. E lei adorava essere viziata.
In effetti, metà del suo guardaroba era fatto da dei suoi regali. Se Michela fosse stata del tutto sincera, non avrebbe potuto dire di non aver mai dovuto sbattere le sue folte ciglia nere, per averli, ma non era mai stato particolarmente difficile: Giacomo era un uomo che amava pavoneggiarsi delle cose che aveva e lei gli apparteneva.

mercoledì 4 febbraio 2015

SIMONA e la lunga storia d’amore (I parte)


 
La rosa di Simona
 
Simona era una donna forte, indipendente e decisa, soprattutto agli occhi dei più.
Non aveva avuto una vita particolarmente facile, tutt’altro: non aveva ancora finito il liceo che si era messa a lavorare e aveva continuato a farlo da allora per mantenere la famiglia, si era occupata delle sorelle minori, della casa e delle bollette.
La vita l’aveva resa pragmatica e diretta. Un macigno, per i più.
Ma quando la si conosceva meglio, si scopriva la dolcezza morbida di un batuffolo di cotone, la pazienza infinita di una madre e il cuore vellutato come la sua voce.
E chiunque la ascoltava, non poteva fare a meno di innamorarsi della sua voce.
Era circondata da amici maschi, per lo più, e le relazioni femminili, nella maggior parte dei casi, si limitavano alle fidanzate di questi, soprattutto se si parlava dei membri del gruppo jazz con cui suonava.
Non comprendeva le sottili dinamiche di un’amicizia femminile, preferendo il comportamento diretto e meno contorto che si instaurava nei rapporti con gli uomini, tanto che gli stessi membri del suo gruppo non la consideravano una donna in senso stretto, per quanto sapessero benissimo che lo era, ma come un amico.
Lei stessa non aveva mai visto nessun membro del suo gruppo come un possibile amante e anche le gelosie delle loro fidanzate nei suoi confronti, morivano nello stesso istante in cui facevano la sua conoscenza, con il suo sguardo diretto e deciso e i modi per nulla affettati.
Francesco, il suo chitarrista, poi, era l’uomo a cui avrebbe affidato la sua stessa vita senza pensarci due volte. Era il suo migliore amico e la sua roccia. Tutti si fidavano di lui e lui non smentiva mai la stima che gli si attribuiva. Era l’uomo che più stimava e la rendeva felice sapere quanto il sentimento fosse reciproco. Forse era perché i loro due caratteri si completavano, forse era perché si conoscevano da quando erano poco più che bambini, ma dove non riusciva ad arrivare lei, priva del talento naturale della diplomazia, arrivava lui, nato per fare il venditore.
Ironicamente, l’unica fidanzata che non si era mai preoccupata della sua presenza all’interno della loro Band, era proprio quella di Francesco, mostrandosi a Simona subito in maniera aperta e amichevole, da donna amabile e socievole quale era, senza particolari pregiudizi, ma solo con la voglia di conoscere qualcuno con cui fare amicizia e legare.
Oltre che a Bianca, col quale fu impossibile non instaurare un buon rapporto, anche alcune delle altre ragazze che erano passate nella sua vita per colpa del gruppo, erano diventate delle buone amiche, tanto che Simona si ritrovò spesso ad essere oggetto della loro protezione quando un ragazzo non si comportava nella maniera che loro reputavano poco corretta. Certo, Simona non era particolarmente entusiasta all’idea di essere trattata da bambina idiota, ma non poteva comunque non essere grata della loro partecipazione sincera alle sue scivolate in campo amoroso.
Questa, a ben vedere, era la differenza tra le sue amicizie maschili e femminili: per quanto anche gli uomini tendevano a spalleggiare, rimanevano comunque un po’ ottusi e distaccati davanti a certe situazioni, mentre erano le donne che si prendevano più a cuore ogni situazione.
Per Simona, così priva di un costante supporto emotivo, era una piacevole novità.
Certo, era ben conscia che spesso quelle amicizie erano prive di un vero fondamento, ma col tempo era riuscita a trovarne alcune solide e sicure, continuando comunque a prediligere una compagnia maschile che era ben più affine alle sue corde.
Simona da quando era giovane aveva vissuto appieno ogni azione che le si presentava davanti.
E con la stessa determinazione aveva affrontato ogni sfida e, soprattutto, ogni amore, che fosse fugace e breve come la vita di un fiammifero, scoppiettante e istantaneo come un fuoco di paglia, avvolgente e costante come una coperta, o turbolento e distruttivo come un uragano.
Poi arrivò lui e le relazioni, brevi o lunghe che fossero, finirono.
Era una giovane donna single quando aveva conosciuto Roberto, molti anni prima, andando per concerti con il suo gruppo. Era un amico di amici e come lei era un musicista.
Chitarrista, per di più. E in fondo, Simona aveva un debole per i chitarristi, come tutte le donne.
Era di quattro anni più piccolo, con i suoi ventidue anni, ma non sembrava infastidito da quella differenza d’età.
Sin dall’inizio avevano sentito entrambi una certa alchimia tra di loro, piacendosi all’istante.
La conferma, Simona la trovò quando, tornando alla macchina quella sera, aveva scoperto che anche lui aveva parcheggiato in quella direzione e si erano messi subito a parlare. Andarono via da quel parcheggio quasi per ultimi: solo le persone che lavoravano a quell’evento avevano ancora le macchine lì parcheggiate.
Si erano scambiati i numeri di telefono e ben presto cominciarono a uscire.
All’inizio si erano frequentati solo per conoscersi, prendersi le reciproche misure, magari corteggiarsi un po', ma dopo qualche mese, cominciarono a fare sul serio ed entrambi concordarono nel definirsi ufficialmente una coppia.
Roberto apprezzava molto quel suo carattere deciso, che lei solitamente spiazzava gli uomini, e lei apprezzava quello del ragazzo, così tranquillo, di quella tranquillità che lei stessa in fondo cercava.
Certamente, Roberto non era un cultore del macismo, categoria maschile che solitamente preferiva, ma piuttosto possedeva una certa eleganza che a volte lo faceva risultare quasi delicato, instillandole il senso di protezione tipicamente femminile che in lei era sempre stato presente sin da piccola, quando si occupava delle sorelle minori.
Simona lo accompagnava ai concerti, lo ascoltava suonare e gli diceva dove avevano sbagliato e dove invece erano andati bene. Anche i membri della band l’ascoltavano seriamente quelle critiche: avendo un orecchio allenato e non essendo solo una fidanzata, ma una musicista, aveva il giusto orecchio per aiutarli a migliorare. Il suo modo schietto di dire tutto, poi, aveva garantito la fiducia di quel gruppo rocker.
Aveva notato che, finito il concerto, molte ragazze andavano da Roberto per chiedergli l’autografo e per civettare con lui, ma lui, fedele come un cucciolo, rispondeva cortese ma monosillabico a quelle attenzioni mentre finiva di sistemare la sua attrezzatura, per poi terminare ogni serata seduto al suo fianco e passare con lei il resto della serata.
Ai suoi concerti di Simona, invece, lui assisteva in silenzio, e quando era tutto finito le si avvicinava, facendole i complimenti e, soprattutto, raccontandole tutti commenti entusiasti di quelli che la ascoltavano ma che, intimoriti dal suo sguardo fiero, non osavano avvicinarsi a lei. A quelle parole, inesorabilmente, il suo gruppo scoppiava a ridere e aggiungeva all'elenco altri ammiratori intimoriti: in molti si erano avvicinati a loro per complimentarsi, ma la maggior parte di coloro che l’ammiravano, raramente avevano il coraggio di farlo di persona.
<< E perché mai? Mica li mordo! Soprattutto se mi fanno un complimento! >>
A quelle parole, che cambiavano sempre solo per poche sfumature, tutti ridevano.
E a quella costante della sua vita, Simona sapeva che non si sarebbe mai davvero abituata.

lunedì 2 febbraio 2015

Buongiorno a tutti,
Sono Ombra Porta, neo blogger.
Molti di voi si chiederanno come mai è nato questo (ennesimo blog) e se ne vale la pena di seguirlo.
La mia risposta è... lo seguirete solo se vi piace e... beh, l'argomento trattato è piuttosto... rosa.
PALESEMENTE rosa, direi.
Vedete, spesso, alla fine di una serata qualsiasi, accendo la televisione mentre vengo raggiunta dal mio gatto e assieme ci spaparanziamo sul divano.
Io lo coccolo un po' con una mano, mentre con l'altra prendo cerco il telecomando nascosto sotto i cuscini e, trovato, comincio con lo zapping.
Io adoro lo zapping.
Il problema è che per quanto si possa pensare che la televisione abbia lo stesso effetto di una lobotomia, la maggior parte delle volte è estremamente rilassante.
Soprattutto per una donna... romantica.
il 90% delle volte in cui mi imbatto in un telefilm o un film o... boh, fra un po' anche la pubblicità (basta vedere l'ultimo di Dolce & Gabbana, in fondo), ci si imbatte in storie d'amore, o storie dove l'amore (che anche volendo non si può non vedere come un amore romantico) è uno dei fulcri preponderanti di tutta la storia.
Avrete capito di cosa parlo, no?
  • Salvano il mondo e trovano il grande amore.
  • Scoprono chi è l'assassino e trovano il grande amore.
  • Vanno a buttare la spazzatura e trovano il grande amore.
  • Cominciano a fare la babysitter di un riccastro e trovano il grande amore.
  • Cambiano città o rotolo di carta igienica e trovano il grande amore...
E io... giovane donna essenzialmente scettica, ricomincio con lo zapping.
Tra i vari telefilm in cui la ricerca dell'anima gemella è preponderante, poi, Sex & the City è quello che, nonostante siano anni che è stato concluso, continua ad avere una certa parvenza di verità.
Io non sono mai stata particolarmente romantica, ma non posso non notare quanto le storie allucinanti siano davvero quelle più simili alla realtà.
Alla realtà mia e delle mie amiche.
E' vero che tutte noi sogniamo il lieto fine, ma spesso quello che ci propinano è talmente surreale da alienare davvero le prospettive di una donna.
Perché prima di trovare il principe azzurro, bisogna prima baciare un'infinità di rospi.
 
E' da qui che nasce l'idea di questo Blog.
Voglio riproporre (rivedute e corrette in certe sfumature) delle storie del mondo rosa che mi circonda, raccontando storie vere, senza abbellimenti, ma sperando di far cogliere che dopo una delusione, ci si deve rialzare.
Per consolare, più che illudere, tutte le belle anime femminili che cercano il vero amore.
Perché per quanto anche le più algide di noi dicano di no, sappiamo tutti che stanno mentendo (io per prima): si sa! Il cuore di una donna è rosa e cerca il lieto fine, ma il rosa è comunque un colore dalle mille sfumature.
E tutte noi continuiamo a cercare.
 
A tutti quelli che vorranno leggere, Buona Lettura.
Per tutti gli altri, io e le mie storie rimaniamo qui, sapete dove trovarci.