giovedì 13 settembre 2018

Risarcimento per molestie sessuali sul luogo di lavoro

(Questo articolo è stato scritto il 28 Maggio 2016 sul blog della sottoscritta Donna in Rete: una finestra sul mondo)


Gli articoli di giornale cominciano tutti nella medesimamaniera "Marina (il nome di fantasia) è stata assunta il 14 settembre 2011 e pensava di aver cronato un sogno...

Comunque. 
Persona (ho appena deciso di rinunciare al nome di Donna, per quello più azzeccato di Persona), viene assunta il 14 settembre del 2011 e fin da subito è stara ripetutamente vittima di molestie tanto che hanno avuto il loro climax meno di un mese dopo, il 5 ottobre dello stesso anno, quindi 21 giorni dopo niente popo di meno che dal padre della legale rappresentante della società, ma che era de facto quello che comandava.
Quindi, capiamoci: per ragione fiscali e non di certo per altro Padre ha intestato la società a Padrona, facendone però da padrone, pensando tra l'altro di poter essere il padrone delle stesse persone che lavoravano lì: sapete com'è, no? Le paga, gli appartengono.
Lei quindi si dimette (chi non le darebbe ragione? Un uomo?).
Devono però passare CINQUE ANNI prima che il tribunale di Firenze di degna di dare ragione alla ragazza.
Questa sentenza è stata raggiunta grazie alle sue ex-colleghe di Persona che hanno testimoniato una ad una-
Finale: l'azienda doveva impedire all'uomo di fare il porco, visto che lui si sentiva il diritto perchè aveva un mignolo tra le gambe, ma ovviamente non l'ha fatto. E paga.
Almeno quello.

Ma quindi, riepiloghiamo.

Padre probabilmente per questioni fiscal-legali  rifila l'azienda alla figlia (o le da' il contentino perchè vuole fare l'imprenditrice, ma non è importante, no?), ma ovviamente è lui che comanda lì dentro (dare davvero il ruolo a un altro? Ma dove pensate di essere? Chi comanda mica ha il titolo del capo, come dire chi rompe paga... o che bisogna assumersi le proprie responsabilità): dall'organizzare il lavoro al dare gli ordini di vario tipo.
Tra i suoi doveri, a quanto pareva, c'era molestare le dipendenti. Loro hanno taciuto perchè temevano di perdere il lavoro.
Nei fatti, secondo l'istato tra il 2008 e il 2009, UN MILIONE E TRECENTOOTTO MILA (1.308.000) lavoratrici hanno subito molestie nell'arco della loro vita, non solo in fase di assunzione, ma anche per mantenere il posto o per una promozione (una ragazza che conosco era considerata una subalterna dal suo pari perchè nel supermercato dove entrambi erano vice-direttori, l'altro vice faceva comunella con il direttore e lei era un'altra commessa e non le veniva consentito di svolgere il suo lavoro al pari del collega per quanto avesse più esperienza lavorativa alle spalle e lui facesse 8 pause sigaretta l'ora) , ma il 91% (1.190.280) non vengono denunciate: il 91% degli stupri o tentati stupri e il 99,3 % dei ricatti sessuali non venegono infatti segnalati.
Donna invece l'ha fatto e, forse rassicurate dall'ambiente legale, anche le altre donne si sono messe a parlare, per lo meno al giudice.

In cosa consistevano queste molestie?
I grandi classici: apprezzamenti pesanti per poi passare alle richieste.

In caso di Persona, Padre le metteva le mani addosso non appena si trovavano soli nella stanza adibita allo spogliatoio e l'aggrediva fino a quando non arrivava un altro dipendente e quindi la porta d'ingresso non suonava.
Persona, come ogni altro individuo, ha subito forti conseguenze fisiche e psicologiche dovute dai continui assalti e dalle incessanti aggressioni.
La cosa sconcertante, è che Imprenditrice (la figlia di Padre), era perfettamente a conoscenza che suo padre fosse uno stupratore ma non ha fatto assolutamente nulla (da qui la denuncia alla ditta, infatti), aiutata anche dall'omertà dilagante in quel posto di lavoro che ha coinvolto in precedenza anche altre operaie e alcune di queste molestie erano già state penalmente sanzionate, quindi l'Imprenditrice sapeva perfettamente quale fosse il modus operando del padre, ma semplicemente se ne fregava. Personalmente il mio giudizio è lapidario contro ogni genere di omertà, ma ammetto che quello che probabilmente è il compiacimento della donna nella questione m lascia semplicemente sconcertata. Perchè non è vero che la donna non poteva impedirlo: se sei il capo lo butti fuori, anche solo per pararti il culo gli fai una scenata davanti a tutti. Cos'è? Paura che papino si arrabbi? Hai bisogno della sua approvazione? Lei aveva il potere di fermarlo e non l'ha fatto. Da brivido.

Il tribunale ha quindi accolto il ricordo della ragazza e ha condannato la ditta a liquidare il danno biologico in quattordicimila euro (14.000  €) e quello non patrimoniale di ventimia euro (20.000 €) oltre alle spese processuali. 
Poca cosa, ma almeno è qualcosa.

Più in particolare: Persona è stata molestata e per questo si dimette. L'aggressione sessuale (di qualunque tipo) è una giusta causa e ha quindi diritto all'indennitò sostituitva e al risarcimento dei danni. E in caso di molestie sul luogo di lavoro, la società è tenuta al risarcimento per mancata adozione di iniziative preventive o repressive dello stesso.
Finalmente, insomma, viene applicata la responsabilità del datore di lavoro anche per le molestie sessuali, CHE SONO LESIVE DELL'INTEGRITA' FISICA E MORALE DI UN DIPENDENTE, che esse siano fatte da altri dipendenti o soggetti connessi all'azienda.


Che lo capiscano i signori: ALLE DONNE NON PIACE ESSERE MOLESTATE E NON LO ACCETTANO SOLO PERCHE' SIETE VOI.




Fonti di Base:

https://soluzionilavoro.wordpress.com
http://www.today.it

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