(Questo articolo è stato scritto il 16 marzo 2017 sul blog della sottoscritta Donna in Rete: una finestra sul mondo)
Qualche giorno fa è apparso online il resoconto di un signore, tale Martin Schneider, che raccontava di come fosse stato orribile il trattamento che lui ha subito nel momento in cui i suoi collaboratori hanno pensato che fosse donna.
Un genio.
Ma andiamo con ordine. Martin lavora in un’agenzia interinale e ha una collega con cui si smezza il lavoro, Nicol Hallberg. Per quanto, sicuramente, le stesse simpatica, ma non aveva un’altissima opinione di lei come collaboratrice. Perché? Beh, se il tuo capo (che anagraficamente era un loro coetaneo e quindi sicuramente - notate l'ironia please - non era un misogino e le cose non se le inventava) si lamenta di lei dicendo che è troppo lenta, mentre tu sei ineccepibile, beh! Magari ha tutte le ragioni per non averla.
La vita di Martin era tranquilla e il suo lavoro gli andava bene, fino a quando un giorno, non gli capita di ricevere scorbutiche risposte da un cliente che gli contesta tutto. A lui? Impossibile!! E infatti, si accorge che l’email ufficialmente non è stata mandata da lui, ma dalla collega. Lui allora, risponde che è Martin. Il cliente quindi muta immediatamente i toni. Immagino si scusi pure, ma comunque… trovo interessante che lui deduca subito che il motivo dell’astio del cliente sia dato che era lei e non lui a mandare l’email…
Probabilmente poi, i due hanno parlato e, immaginando il dialogo tra i due, lui si è sicuramente sentito piccato dall’accondiscendenza del sorriso della collega sull’ipocrisia del “non sapevo”. Soprattutto quando lui le chiede “Ma succede tutte le volte?” e lei risponde “Beh, non tutte le volte, ma sì. Spesso”.
Da qui lo scambio di identità. Almeno per quel che riguarda quella digitale. Mi immagino anche come sia successo. Lui che risponde “Non ci credo, magari stai antipatica solo a lui” e lei “vuoi provare?”.
Il risultato? Per lui (solo per lui, dubito per lei) fu qualcosa di stupefacente. Nei fatti dopo una settimana piagnucola in un angolo perché ogni cosa che viene da lui chiesta o proposta viene criticata (e bocciata). Più di tutto ha notato il tono accondiscendente come se fosse la povera bambina fiammiferaia delle storie di due secoli fa, fino alle avance di uno di loro.
Lei? Ah! Lei non è stata così facile (perchè non è più produttiva, è più facile).
Alla fine lui rimane sconvolto e lei ha l’ennesima conferma della solita solfa: per un uomo è più facile. Non perché lui sia più bravo, ma perché a lei le cose le complicano apposta e solo perché è donna.
Nei fatti lei nei resoconti aggiunge anche la storia vera, quella fisica, che il signor Martin ovviamente né ha visto, né ha voluto vedere. Sapeva solo che per il suo capo era lenta, non vedeva i commenti e le battute sessiste che le indirizzava concludendo che si chiedeva (un po’ ipocritamente, perché non è una questione lavorativa e lo sa) cosa ci guadagnasse il loro capo a farlo e a negare l’esistenza del suo sessismo. Non solo da parte sua, ma anche dai clienti: in fondo per una settimana si sono comportati male con lui perchè avevano la luna storta, mica perchè faceva la collega.
Lei rammenta nache altri adorabili aneddoti del loro capo, ma non sono importanti, visto che l’articolo in Italia è stato pubblicato da un uomo e in fondo concorderò con quei commenti.
Quando lei chiese come era Marty, lo definiva “un bravo scrittore, ma troppo emotivo, era un po’ una ragazza”. Lei si era stupita: lo vai a dire all’unica ragazza, capisci che nota la discriminante? È come dire: si è dire “è bravino in matematica, ma non abbastanza, strano perché è cinese” o “è bravo nello sport, ma è lento nella corsa, strano perché è senegalese”, “uccidiamo tutti quelli con gli occhiali: sono intallettuali”… e queste sono in positivo. Non ho voglia di essere particolarmente volgare, quindi non dirò altre uscite razziste, ma si sa, io non darei mai il mio gatto in affidamento a un vicentino. Comunque lui capisce la gaffe e non la ritira come sbagliata, ma solo che era detta alla persona sbagliata. Lei però i conti li sa fare. Nei fatti già all’assunzione si era sentita dire “Non pensavo di assumere college femmine, ma sono felice di averlo fatto. Mi hai colpito”. Perché le idee del testosterone sono migliori, si sa. Ma lei non si scompone e commenta “E allora perché non assumente tutte donne?” la sua risposta? Non voleva perdere la bella atmosfera.
Nei fatti il caro Martin seguiva l’andazzo e ignorava le parole della ragazza, fino a quando lei non lo ha preso di petto e non gli ha detto di smetterla. E lui, l’ha fatto. Quindi almeno uno sapeva di essere palesemente a torto, aggiungo io. Ma qui conferma la mia ipotesi detta poco sopra.
Nicole sa solo di essere felice che ora, dove lavora (perché sì, ha cambiato lavoro) non deve essere sempre sotto attacco.
Ora parliamo di numeri.
Perché questo resoconto, che io fatto riprendendo un articolo del corriere della sera, è un resoconto di stampo… anglosassone? Angloamericano? Beh, diciamo di un mondo dove è più facile cambiare lavoro, per mentalità e opportunità. Perchè lo sappiamo no? Franca Viola non era coraggiosa e ammirevole, quando rifiutava di sposare il suo stupratore. Il coraggioso era l'uomo che l'ha sposa, Giuseppe Ruisi, che sposa una svergognata (che comunque le disse la cosa che vorrebbero sentire tutte le donne "Meglio vivere dieci anni con te, che tutta la vita con un'altra" a memoria che qualche uomo degno di nota, c'è!).
Qui le donne la maggior parte delle volte se lo devono tenere, anche solo per il terrore di non avere altre possibilità. Oltre al fatto che a trent’anni non ti assumono perché vuoi avere figli, come se loro prima di te sentissero il tuo utero urlare di voler ospitare vita e a ventisei anni ti dicono che, se poi vuoi sposarti e avere figli, la distanza tra casa tua e il lavoro sarebbe per te un problema (cose veramente avvenute).
I numeri dicono che lo stipendio di un non laureato maschio è del 10% superiore di un non laureato di sesso femminile. Se c’è una laurea di mezzo, ironicamente il divario è superiore (nonostante la cultura e il sapere che sia semplicemente ignobile): arriviamo al 36%. E sono valori di media.
Ma si sa, se sei laureata, hai ventisei anni, vorrai sposarti e avere figli. Anzi, devi farlo. Se no che donna sei? Che ci stai a fare al mondo?
Perchè lo sappiamo, in Italia le avrebbero detto: "Te la sei cercata, a conciarti così".
Altri link:
http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/03/03/lavoro-ce-differenza-tra-uomo-e-donna-lo-stipendio-dice-di-si-per-le-donne-109-in-meno/?refresh_ce=1
https://medium.com/@nickyknacks/working-while-female-59a5de3ad266#.70vavi9fy
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