giovedì 15 dicembre 2016

perle.. forzute?


mercoledì 9 novembre 2016

Umberto Veronesi

Questa notte è morto Umberto Veronesi.
Penso sinceramente di non poter far altro che rendergli omaggio.
Ci sono rimasta male.
Penso con tutto il cuore che il mondo intero ha perso un grande uomo, oltre che n grande scienziato.
Personalmente, trovo la cosa particolarmente sentita, perchè il tumore al seno è qualcosa che mi tocca da vicino.
Contrariamente alla maggior parte delle mie coetanee, io ho dovuto cominciare a controllare i linfonodi e il seno in generale da prima dei trent'anni. Mia sorella, infatti, giusto ieri ha subito l'ennesima operazione per colpa di un tumore al seno. La sua situaizone non è facile, ma hanno tolto tutto quello che c'era da togliere e sono ottimisti, ora bisogna solo affrontare la (lunga) convalescenza.
Io pure se le cose vanno male, dovrò togliere una ciste a dicembre (se è cresciuta... e dopo i trent'anni non possono formarsi e questa è l'unica che si è formata di dicembre).
Se non fosse stato per Veronesi la situazione delle donne, di tutte le donne nella situazione di mia sorella non sarebbe stato persino più orribile di quella che devono affrontare ogni volta che si trovano di fronte a quel mostro oscuro che le divora da dentro.
Gli uomini non possono capire cosa vuol dire il tumore al seno per una donna. Veronesi però era di una sensibilità diversa. Probabilmente ha visto il trauma psicofisico delle sue pazienti quando subivao l'asportazione totale del seno e ha capito che la sopravvivenza è una cosa, la vita è un'altra.
Poi l'altra azione geniale, il lingonodo sentinella. Lo controllano sempre, sapete? Ogni volta che fai un'ecografia al seno.
Certo, io ho amiche che me ne parlano come se la loro dottoressa fosse l'unica degna di nota perchè lo fa, ma è un'azione che è automatica per tutte le donne e per tutte le donne dai trent'anni in su.

Quando sento le pubblicità che favoleggiano all' "eccellenza italiana" io mi urtico spesso... perchè per me l'eccellenza italiana è Umberto Veronesi, è l'unico livello di cui si può parlare di eccellenza.
L'eccellenza italiana sono tutti quelli che si impegnano, metodicamente, con passione, per poter andare a dormire sentendo di aver fatto un piccolo passo verso il lavoro fatto in maniera corretta.
Che non è solo l'oncologo o il medico di turno (che poi pensano fin troppo spesso di essere degli dei senza motivo e trattano spesso i pazienti come dei mentecatti), ma è chiunque faccia il suo lavoro in maniera seria, senza distrazione e non in maniera affettata, perchè che sia piantare un pomodoro, allevare un bambino, portare al pascolo le bestie, difendere la sicurezza delle strade, vendere un vestito o costuire case, bisogna farlo bene alla stessa maniera, se no non ha senso farlo.

Perchè tutti i lavori sono importanti: essi danno dignità. Una parola di cui si abusa e che sta perdendo significato.

Ma Veronesi... Veronesi aveva dignità e ha aiutato perchè anche i malati la mantenessero.


Amen

venerdì 21 ottobre 2016

Rosa e l'innamorato (I parte)




Carlo era un uomo di quarant’anni per nulla attraente.
Si atteggiava da uomo vissuto, cosa che a Rosa sembrava quantomeno ridicola.
Ci aveva provato (invano) con tutte le donne che gli erano passate sotto agli occhi in quel locale (lei compresa), senza che qualcuna accettasse.

Almeno davanti a lei, of course.

Francesco si era preoccupato, un giorno, di arrivare con aria sognante e dirle, dopo lunghi sospiri e infiniti giri del cucchiaino nel caffè, quello che di certo non poteva tenere per sé.
<< Mi sono innamorato… >>
Rosa sorrise automaticamente.
<< Davvero? Bene! Anche lei? >>
<< Sì… >> disse lei sospirando estasiato.
<< Oh! Mi fa piacere, guarda. Davvero molto piacere. >>
Lui scosse la testa sognante.
Rosa continuò a servire un paio di clienti.
<< L’ho incontrata in un locale, si chiama Gisela. >>
Rosa lo guardò fingendo nuovamente interesse. Non era colpa sua, in fondo, ma di Francesco: ogni settimana ne aveva una, a suo dire. E ogni settimana gli raccontava sempre la stessa cosa.
Che era innamorato perso della bella ragazzina (soprattutto a paragone dell’età ormai non più imberbe di lui, oltre che all’aspetto) di turno.
Ancora, ancora e ancora.
Avrebbe fatto tenerezza, se non farcisse ogni cosa con uscite sessiste, razziste e simili.
<< Bel nome. >>
<< Eh, sì! >> disse lui come se fosse una cosa ovvia e guardandola con un misto di comprensione per il suo di nome << Lei è romena. >>
<< Beh, in italiano sarebbe Gisella, in fondo. >>
<< Sì, ma… non è una di quelle, né! >>
<< Quelle… cosa? >> chiese Rosa sentendosi andare sul piede di guerra.
<< Una di quelle che si mette con te solo per i soldi, dico. >>
<< Ah! Ok, sì certo. Sicuramente! >>
<< No, davvero. >>
<< Ma non ne dubito. Sul serio. Non guardarmi così. Non sono così prevenuta. Mi hai detto troppo poco di lei per essere prevenuta. E poi dai, non sei esattamente Onassis, no? >>
Ribatté Rosa ricordando perfettamente il mese prima, quando Francesco faceva commenti sulle ragazze provenienti da tutta l’ex Jugoslavia e regioni limitrofe.
Senza, stranamente, citare le russe, ma insinuare qualcosa sulle cinesi e le sudamericane.
Sì, se Francesco era razzista, in fondo, non era razzista su una sola etnia: lo era con tutti fuorché se stesso.
Se glie avesse lanciato la frecciatina, probabilmente Francesco non avrebbe saputo ribattere che, a ben vedere, la Romania non era uno di quegli stati da lui citati e che comunque, ricordava male lei.
Of course.
Stava ancora ragionando sulla cosa, quando lui continuò il suo racconto.
<< Ha ventidue anni. >>
Rosa intercettò lo sguardo si Izabela, la ragazza rumena che prendeva il caffè seduta due posti più in là e che aveva scelto quel posto proprio perché era abbastanza lontano da Francesco da evitare le sue avance.
<< Ho avuto un vero colpo di fulmine… >> continuò lui.
<< Bene. >>
<< E’ bellissima. Non ho mai conosciuto una donna più bella… >>
<< Ne sono felice. >>
<< Ha due occhi… >>
<< Dai, pensavo tre. >> scherzò lei.
Lui soprassedé.
<< Poi, poverina. Ha avuto una vita davvero triste, sai? >>
<< Oh, cavoli. Mi spiace. >>
<< Eh, sì. In Romania abitava in una casa senza corrente, né acqua. >>
<< Urchi. >>
<< E non avevano niente… ma proprio niente. >>
<< Poverina. >>
<< Sua madre povera, fatica come una schiava… e lei allora ha deciso di venire in Italia a guadagnare un po’ di soldi. E li manda tutti-tutti a casa, eh! >>
<< Che brava. Immagino faccia molti sacrifici. >>
Rispose Rosa decidendo scientemente di non chiedere che lavoro facesse.
<< Eh, sì… >>
L’uomo continuò a parlare e sospirare per un’altra mezzora, prima di ricordarsi che, forse, doveva andare al lavoro anche lui e si congedò.
Rosa si chiese per qualche minuto quale fosse stato il pensiero di Izabela a quella storia e la risposta le arrivò pochi giorni dopo.
Una sera, verso l’ora dell’aperitivo, infatti, Izabela arrivò con una collega e le tre donne cominciarono a parlare.
Tra una cosa e l’altra, la sua collega le confidò che non frequentava molto questo bar per due motivi: il primo è che in un bar vicino c’era sempre un ragazzo davvero bello con cui flirtava e l’altro era che più di una volta aveva sentito un paio di clienti fare uscite davvero degradanti per il genere umano.
Non che questo le interessasse molto, pensò Rosa, ma in fondo se le persone si vogliono scusare per il nulla, chi era lei per negarglielo?
<< Mi chiedo come fai tu… >>
<< Vorrei dirti sputo nel loro bicchiere, ma non è vero. La maggior parte delle volte non ascolto, o fingo di non ascoltare, poi c’è tutta la parte delle volte in cui se sto zitta il mio capo mi dà un extra. Poi ci sono le volte in cui sto zitta e lui le sente su perché davvero certe non si possono sentire, soprattutto quando danno la colpa alle donne se sono degli sfigati, o hanno giustificazioni che manco i nostri politici potrebbero inventarsi! E poi ci sorprendiamo del nostro governo! >>
<< Sì, si guardassero una volta allo specchio! >> continuò Izabela alzando gli occhi al cielo << Ti guardano come se ti facessero un favore a stare nella stessa stanza con te, quando l’unica cosa che vuoi fare tu e correre molto lontano da loro! Tipo quel tizio che l’altro giorno si diceva innamorato perso per una ventiduenne. >>
<< Francesco? >>
<< Non lo so come si chiama, so che ha detto che anche se era rumena la ragazza non era una di quelle e che fino al giorno prima mi chiedeva di uscire e che mi diceva "Ma anche se sei sposata, io mica sono geloso..." come se il suo apprezzamento mi facesse piacere. >>
<< Sì, Francesco. >> confermò Rosa non potendo non notare come Izabela fosse brava nella sua imitazione.
<< Sì, ma oh! Io sono rumena e non sono una di quelle e di sicuro con uno come lui non ci uscirei mai, ma no, la mano sul culo me la vuoi sempre mettere e devo anche esserne felice? Io, come chiunque, a ventidue anni sarei mai andata con uno come lui. >>
Rosa pensò che Izabela doveva proprio essere esasperata delle molestie di Francesco. Non che fosse la sola...
<< Ma non ci andresti neanche adesso. >>
<< Ma manco se mi costringono, guarda! Figurati se una bella (a suo dire) ragazza di vent'anni si può sentire davvero attratta da lui! >>
<< Eddai, ogni scarafone è bello a mamma soja, no? >> tentò di mitigare l’amica.
<< No, quello proprio no. >>
<< Non è che è cattivo, >> si ritrovò a dire Rosa << È che proprio… non ci arriva. Non capisce quando dovrebbe tacere, non capisce quando esagera, non capisce. Non lo fa con cattiveria. >>
<< Per me sì e quella se la merita proprio. Quanto ci scommetti che riuscirà a spillargli con quattro moine e la storia della famiglia povera un sacco di soldi? >> chiese allora la donna con un sorriso beffardo.
<< Non che ne abbia tantissimi… >>
<< E glieli prenderà tutti. >>
<< E tu? >> provocò la collega. << La tua mamma come sta? >>
<< Benissimo, guarda. E di certo non mi chiede una soldo anche se abita in una cascina senza acqua calda. Anzi, tra un po’ è lei che mi manda i soldi, che tra le galline e l’orto lei non ha problemi per mangiare, mentre io e Ugo non arriviamo a fine mese… >>
<< Io spero che invece questa si sia fatta affascinare davvero da lui. >> disse seria Rosa mentre metteva a riscaldare un trancio di pizza e guardava dei clienti entrare. << Buonasera! Sedetevi dove volete! >>
<< Dici sul serio? >> Chiese Izabela incredula.
<< Sì. Anche solo perché così magari smette di fare il viscido. >>
Detto questo uscì dal bancone e andò a prendere le nuove ordinazioni, sperando con tutto il cuore che Izabela non avesse ragione.
In fondo le donne non erano programmate per credere nell’amore e doversi innamorare anche degli scarafaggi anche solo perché respiravano e per quanto fosse piccolo e mal funzionante il loro pendolo?
Sì, convenne Rosa, questa del pendolo avrebbe dovuto raccontarla a Simona.

martedì 20 settembre 2016

Perle rosa... docet




In occasione dell'anniversario della cosiddetta legge Merlin, che ora si prende sottogamba ma che è rivoluzionaria e grandiosa non solo per il contesto socio-culturale e storico, ma anche per la lotta contro la disuguaglianza di genere che colpisce ancora oggi, ho deciso di salutare la signora Merlin e la sua forza con una sua frase storica.

lunedì 19 settembre 2016

Rosa e le grandi domande sulle prostitute




<< No, ma… secondo te come fa una puttana ad avere un fidanzato? >>
A quelle parole Rosa alzò la testa e, ad occhi sgranati, guardò l’uomo dall’altra parte del bancone. Non guardava lei, ma il suo capo che, serio, guardava il suo amico/cliente.
<< In che senso, scusa? Ti sei innamorato di una di quelle? >>
<< No… è che… >>
Rosa alzò gli occhi al cielo e scuotendo la testa si rimise a sistemare i bicchieri appena tirati via dalla lavastoviglie.
<< Vedi… >> continuò l’uomo a voce più bassa, ma non così bassa perché potessero sentirlo tutti gli avventori del locale che, per sua fortuna, al momento risultavano essere lui e un ragazzetto con gli auricolari nelle orecchie << L’altra sera ero lì, in macchina con questa puttana, no… >>
<< Quella fidanzata? >>
<< No. >>
<< Quella di cui ti sei innamorato. >>
<< No. >>
<< Ma allora chi è sta puttana? >>
<< Una di quelle sul provinciale, carina… >>
<< Lo sono tutte. >>
<< Lo so, ma… mi fai finire?! >>
<< Sì, scusa. >>
Rosa scosse la testa e decise di appoggiarsi con il fianco al bancone e, incrociate le braccia, mettersi ad ascoltarli con il sopracciglio alzato di chi sì, vedeva due imbecilli parlare di cui non dovevano parlare, visto che palesemente si imbarazzavano.
<< Dicevo, ero lì con questa puttana, no?, ed a un certo punto >> Rosa non potè non chiedersi a che punto fossero, ma sorvolò dal chiederlo << vediamo una sua amica che discute animatamente con un tizio. >>
<< Il protettore? >>
<< No. Fammi continuare. ‘Sti due urlano, lei gli tira pure un paio di borsettate sulla portiera dell’auto e… beh, cose simili, no? E io, guardo la… la tizia che avevo seduto affianco, la mia amica, no, hai capito? >>
Amicissima, proprio.
<< Sì ho capito. >> rispose Mauro con sguardo impassibile.
Rosa non potè non chiedersi come facesse.
<< Eh, io la guardo e le chiedo se non dovevo avvicinarmi per vedere se avesse bisogno di una mano. Insomma… sembrava davvero… messa male… >>
Rosa alzò gli occhi al cielo. Anche senza considerare che una donna, se si prostituisce, è messa male a priori, davvero crede che le persone si persuadano che lui avrebbe il coraggio di andare da una donna per assicurarsi che stesse bene?
<< E l’hai fatto? >> chiese senza nascondere una nota di sorpresa Mauro.
<< No, no… le mia… amica… mi ha detto che non serviva. Era tranquilla, credo che sapesse di cosa parlava. Infatti mi ha detto: “Tranquillo, quello è il suo fidanzato. Deve averlo visto con un’altra in macchina, come al solito. Lo fanno spesso: lei si arrabbia, fa una scenata, piange, urla, poi lui la picchia e fanno pace.” >>
<< Apperò. >> disse Mauro scuotendo la testa lentamente quasi stesse riflettendo su quelle parole.
Rosa sentì un brivido di rabbia percorrergli la schiena.
L’uomo, continuò:
<< No, cioè, hai capito? Quello era il fidanzato. Ma come fai a stare con una puttana, scusa? >>
Come ci stai tu? No, perchè poi si sa, una puttana non può essere amata: è una donna e deve solo essere scopata, eh?
<< Immagina la scena: lei torna a casa la mattina e tu sei lì, a casa, no? >>
<< Beh, sì certo. >>
Ovvio, perché devi sapere quanto ti ha fatto guadagnare, no?
<< E se vuoi scopare? >>
Ovvio, perché magari lei è stata picchiata malmenata e altro, ma tu hai i tuoi bisogni.
<< Beh, sì… no. Non ho capito. >>
<< Cioè, se tu vuoi scopare e lei non ne ha voglia… >>
Perché è impossibile che se una non fa la puttana non ne abbia voglia a guardarti in faccia, of course.
<< Beh… eh… eh-eh… >>
Rosa alzò gli occhi al cielo. Sapeva che cosa stava per dire Mauro “è una puttana in fondo. La paghi e te la dà”, prima di focalizzare che in fondo parlava di una che era anche una "fidanzata".
<< E se ti dice “no, dai… ora no”? >>
<< Beh… eh… eh-eh… >>
<< E se ti dice “sono stata con una ventina di uomini e uno l’aveva talmente grosso che sono sfondata?!” >>
<< Beh… eh… >> Mauro bloccò la risata a quel pensiero.
L’incubo di ogni uomo. La morosa che va con uno con un cazzo enorme e che gliela sfonda… L’orribile orrore del contesto generale è troppo difficile, eh? In fondo è solo una donna.
<< Non credi che… beh, faccia perdere la poesia? >>
Rosa sentì l’impellente esigenza di urlare.
Urlare e picchiarli a sangue.
<< Insomma… e poi come fa uno a sopportare che la sua morosa scopi con altri tutte le sere? >>
<< Forse non...>>
<< O forse ne è il magnaccio? O che non dovrebbe parlare di fedeltà se va’ a sua volta – e va, perché se ti metti in prima persona ti ricordo che sei sposato – a puttane allora non dovrebbe parlare di fedeltà? E che la morosa non è lì solo per soddisfare il suo ben piccolo bastoncino tra le gambe? Anche perché se no perché pensare a uno che la sfonda, quando rispetto a lui sicuramente tutti possono farlo? O pensate di essere voi quei superdotati? Ma per favore. >> rispose alla fine Rose acida, interrompendo i ragionamenti beoti dei due.
I due si girarono e in un attimo capirono che era sul piede di guerra. Per lo men Mauro: l’altro aveva capito di non essere stato abbastanza discreto e che… beh, l’aveva sentito una donna.
L’uomo cercò inizialmente di bofonchiare delle risposte che aiutassero la sua tesi, ma nel giro di una decina di minuti era uscito dal bar, lasciando Mauro da solo con Rosa sul piede di guerra.
Il silenzio calò e la tensione fu palabile tanto che anche il ragazzo seduto al tavolo tolse un auricolare e si mise a guardarli con la coda dell’occhio chiedendosi se era meglio andare via o no.
Rosa continuava a fissare il capo aspettando che dicesse qualcosa, pur sapendo che era quel genere di uomo che no, non avrebbe parlato. Piuttosto si sarebbe ucciso.
<< Che ci vuoi fare… >> disse in fine lui.
<< Stai scherzando? >> sibilò lei.
<< No, dai, Rosa, le tue uscite femministe no. >>
<< Come la mia felpa della H&M: il femminismo, quella radicale idea che la donna è una persona, eh? Devo davvero continuare? Che poi non è femminismo se sono cosciente delle mostruosità che ha detto e che tu avvaloravi: dall’idea che lui potesse andare davvero a vedere che lei stesse bene, a quella che quello non fosse il suo magnaccio, o che… >>
L’uomo alzò le braccia e gli occhi.
Lei gli tirò una spugna.



Nota dell’autrice:
Per chi pensasse che questo racconto fosse del tutto inventato, assicuro che non lo è, argomentando che, addirittura, mi sono ritrovata a sentire in più versioni questi quesiti posti dagli uomini. Non solo, in fatti, mi hanno riferito della conversazione qui narrata con un po’ di fantasia”, ma in effetti la fantasia che ci ho messo non è coi così fantasiosa: io stessa sono stata la persona a cui l’hanno chiesto e la mia risposta è stata una difesa del concetto di donna e contro l’oggettivazione della donna (da qui le uscite femministe).
Colgo l’occasione per rimandare a questa lettera aperta di Tanja Rahm).

giovedì 8 settembre 2016

Letture da scaricare gratuitamente

L'autrice di Simbolo Vuoto, di cui ho parlato tempo addietro, ha appena aperto un blog.
Non è un blog con una storia già ben definita.
Probabilmente vuole avere un blog punto e basta. Buttare fuori se stessa, un po' come facciamo tutti noi.
Ho però notato che ha messo in download gratuito un paio di sue storie.
Non sto qui a discutere sulla bellezza o no di un racconto/lettera quale "Lettera da un padre mai conosciuto", ma ho trovato semplicemente divertente il racconto precedente "Storia di una vendetta - missione cacca".
Probabilmente il gioco di ruolo di cui l'autrice parla è così noioso da costringere i giocatori a inventarsi vendette con degli escrementi, con un risultato che ho personalmente trovato davvero divertente. Cosa non può ideare una donna per vendicarsi di un traditore? Whahahha!
Ha pubblicato anche Simbolo Vuoto che è ora scaricabile, se siete interessati.


Al massimo, chi di voi lo legge, mi dica cosa ne pensa.

sabato 3 settembre 2016

Federica e il Barista - Storia completa.

Questo post serve per segnalare che la storia di Fedrica e il Barista è possibile da scaricare tutta assieme come pdf.

In verità le storie tendono ad essere lette all'unisono, come se cronologicamente fossero un capitolo dietro l'altro.
Penso però che sia interessante leggere anche la singola storia d'amore, senza interessarsi necessariamente delle altre.


venerdì 2 settembre 2016

Federica e il barista (ultima parte)

Rosa e Federica dal barista





Federica lo incontrò un altro paio di volte. Lui ripeté che la sua amica era simpatica, ma in effetti vide che era un ghigno, il suo, e che quando diceva che sarebbe stato carino rivederla... mentiva.
Lei tergiversò, dicendo che Rosa era sempre al lavoro e che lei di solito non usciva spesso, avendo come lui una vita fatta di serate come barista e liberarsi era un problema.
Lui si fece sentire ancora un paio di volte, giusto una al mese, per vedersi.
Poi più nulla.
Nessuna chiamata, nessun messaggio.
Nessuna risposta a chiamate e messaggi.
Federica smise di parlarne alle sue amiche e, per fortuna, nessuna di loro chiese mai nulla.
Non ebbe, stranamente, neanche l'impressione che pensassero "Te l'avevo detto".

Ok, aveva sbagliato l'ennesimo uomo, ma almeno questa volta non quelle con cui confidarsi.

lunedì 29 agosto 2016

Federica e il barista (III parte)




Federica arrivò da lui a mezza mattinata.
Lui la accolse a petto nudo.
<< Sei giusto arrivata in tempo. Stavo per piazzarmi al sole. >>
Lei sorrise entrando, compiaciuta del fisico forte che gli si era appena mostrato.
Lui l'accompagnò in giardino e gli offrì una coca-cola, prima di aprirsi una birra.
Bene, pensò lei, almeno si ricorda quello che bevo.
Non che fosse difficile saperlo: era praticamente l'unica cosa che beveva.
Sapeva che avrebbe dovuto smettere, visto i dolori di stomaco che le stava causando, ma era più forte di lei.
C'era chi beveva troppi alcolici.
C'era chi mangiava troppa cioccolata.
C'era chi beveva troppi caffè.
Lei viveva a coca-cola.
<< Cosa fai stasera? >>
<< Lavoro. >> disse lui con ovvietà.
<< Sì, ma c'è qualche serata particolare? >>
<< Nulla di che, no. Ma ci sono un sacco di ragazzini che festeggiano la fine della scuola, quindi sarà un casino. Verrai? >>
<< Sì. Mi sono messa d'accordo con un'amica. >>
<< Bene, E com'è? >>
<< Simpatica. La conoscerai. >>
Federica non si scambiò molte altre parole con lui.
Si preoccupò più che altro di mettersi in bikini, spalmarsi la crema solare e pomiciare un po'.
Il resto del pomeriggio passò silenzioso e caldo, senza particolari colpi di scena, ma si sentì comunque esausta nel suo viaggio di ritorno verso casa.

Allora era vero quello che dicevano: prendere il sole è davvero stancante.

Arrivata a casa e mangiò qualcosa di veloce, una piadina di quelle già preparate del reparto frigo e poco più, prima di farsi la lunga doccia che la divideva dal raggiungere Rosa al suo bar.
Certo, il non avere la minima coscienza del tempo che passava l'aveva fatta arrivare con mezz'ora in ritardo e l'amica, l'aspettava leggendo una rivista dopo aver chiuso il suo locale.
Rosa non commentò il ritardo, se non per un'occhiata all'orologio e un'alzata di sopracciglio.
Dopo i saluti di rito, la convinse a salire in macchina con lei, anche se Rosa non sembrava fidarsi molto.
Chissà poi perchè.
Nel tragitto, Rosa le raccontò che la sera prima era andata con Simona al Joke e si erano visti con alcuni abituè del locale.
<< Cavoli! A saperlo venivo anche io! >>
<< Non avevi un impegno con una tua amica? >>
<< Ah, si... ma siamo stati a un concerto di un gruppo di Milano. E' stato una noia mortale. Non so se la conosci, si chiama Michela. Frequenta anche lei il Joke, col suo ragazzo. >>
<< Io non conosco i frequentatori abituali di quel posto. Se ci vado, ci vado solo con qualche amico e non faccio mai molto caso a chi c'è o non c'è, anche perchè di solito, vado lì che è estate e c'è il triplo della gente. La musica non mi piace ed è insopportabile d'inverno. >>
<< Ah.. Beh, ma lei non passa inosservata. Ha lunghi capelli neri, indossa sempre abiti da bambina sexy e il suo ragazzo si veste spesso in nero. Si chiama Giacomo, lo conosci? >>
<< Come sopra. Credo che al massimo li conosca Simona. >>
<< Ok. Comunque è stata una noia colossale. Era meglio venire lì, invece che andare a quel concerto. Ti giuro una noia mortale. >>
<< Guarda, detto tra noi: non che sia stato meglio da noi. Se non fosse stato per Simona, me ne sarei andata dopo mezz'ora. >>
<< E come mai non l'avete fatto? >>
<< Come stasera, eravamo in macchina assieme e lei voleva rimanere. Ora, potresti dirmi che genere di locale è quello dove stiamo andando ora? >>
<< Boh... normale? >>
<< Questo devi dirmelo tu. >>
Federica non riuscì a trovare una definizione e bofonchiò una mezza risata. Rosa decise di non proseguire oltre.
Arrivati al locale, la musica e le urla dei suoi frequentatori si sentiva a metri di distanza.
Entrarono superando in nutrito gruppo di ragazze ben vestite, che chiacchierava ferma davanti all'entrata senza una ragione apparente.
Raggiunsero con qualche difficoltà il bancone, nonostante il locale non fosse particolarmente grande e lì trovarono Luca che la salutò con un sorriso smagliante e guardò per un lungo istante Rosa che di rimando, aveva ricambiato con un saluto e la richiesta di un Martini bianco senza ghiaccio.

La serata andò tranquilla e arrivarono preso alle due.
<< Certo che era parecchio alta, la musica, eh? >> commentò a Luca uno dei suoi amici.
<< Non più del solito. >> commentò lui, prima di tornare a guardare Federica e sorridergli.
Rosa si massaggiava stanca il collo, senza dire niente, quando Luca, la osservò per un lungo istante prima di cominciare a parlare.
<< E tu che cosa ne pensi? >>
Lei lo guadò.
<< Di cosa? >>
<< Della serata. >>
<< Normale. >>
<< Ti piace il posto? >>
<< Avete una bella zona all'aperto. >> disse lei guardandosi attorno abbozzando un sorriso.
<< E dimmi, dove vai di solito? >>
<< Dipende. >>
<< Oh, beh. Fa un esempio. >>
<< Dipende da cosa ho deciso di fare. Ovviamente. >>
<< Ah, simpatica. >>
<< Abbastanza. >>
<< Mi piace. >> disse lui strizzando l'occhiolino con un mezzo sorriso e un'alzata di mento.
Non sapeva bene quando era cominciata a farsi strana la cosa, ma poi lo vide scattare in avanti con il volto deformato in una smorfia di astio.
Frasi come "Come ti permetti", "Guarda che ti picchio" erano dette con vera minaccia da Luca ed erano tutte rivolte a Rosa, seguite sempre da uno scatto d'ira nei suoi confronti.
La prima volta lei era rimasta sorpresa, l'aveva guardate e aveva riso.
Lui aveva risposto con un civilissimo << Cazzo ti ridi? >> per poi aggiungere ogni volta, guardando Federica frase come "Scherzavo" o, "la tua amica è simpatica".
Federica però notò subito dopo che anche Rosa aveva cominciato ad affilare le armi: mentre gli insulti di Luca si facevano sempre più pesanti, lei sorridendo lo mortificava come uomo e persona, come probabilmente non gli era mai successo.
Che fosse irritato lo si vedeva, lo notavano anche gli altri amici che passavano lo sguardo tra i due e quasi si chiedevano se chiedere scusa per lui o godersi il battibecco.
Vinse il secondo pensiero, anche perchè la sua amica non rimase mica zitta e muta, scandalizzata e offesa. No, lei davvero replicava alla stessa maniera, guardando tutti e muovendo le mani come se dicesse qualcosa di ovvio.
<< Beh, non stiamo tutti scherzando, qui? >> diceva lei in tono quasi mellifluo, con il sorriso smagliante che aveva al lavoro << Non puoi di certo pretendere di essere l'unico... >>
La conclusione della serata arrivò all'alba con Luca che le salutò e le disse, ad alta voce.
<< Non portarmela più, quella. >> per poi sorridere e dire << Scherzavo, mi sei simpatica. >>
Rosa rise e ribattè.
<< Per fortuna! Io non vedevo l'ora di rivederti ancora! >>
In tutto questo, Federica rimase inebetita e muta.
Saliti in macchina Rosa tacque per una decina di minuti.
<< Tutto bene? >>
<< Sono stanca. E' l'alba e ho lavorato tutto il giorno. Per fortuna domani non lavoro. >>
<< E... Che ne dici? Di... Luca? >>
<< Mi prendi in giro? >>
Federica rise nervosamente.
<< Dai, è simpatico. >>
<< No. Non è simpatico. I suoi scatti d'ira erano veri e io neanche so perchè ha cominciato a farli, visto che avevo parlato solo della musica troppo alta per le mie abitudini. E ti dirò di più: è il classico bulletto violento che non è abituato a sentirsi contraddire oppure a essere preso in giro. Ho sorvolato alle prime battutacce ad inizio serata perchè te lo scopi, ma, mamma mia! Cafone e bugiardo. Pretende pure che una donna non solo gli cada ai piedi, ma creda davvero a tutto quello che dice. Orrido. Spero almeno sia bravo a farti venire degli orgasmi multipli. >>
Federica rise nervosamente, guardando la strada.
<< Fede, scusa... >>
<< Sì? >>
<< Hai appena superato la nostra uscita. Sia casa tua che la mia macchina sono di là... >>

giovedì 28 luglio 2016

Distopie vecchie e nuove

Oggi parliamo di libri.
Ebbene sì. I libri, quella cosa strana che tutti hanno ma in pochi usano.
L'argomento di oggi sono le disutopie.
Un genere poco commentato nel mondo, ma i due libri che qui tratterò sono particolarmente conosciuti nel mondo: uno perchè un classico, l'altro perchè - a quanto mi è sembrato di vedere - non solo ha fatto un buon lavoro di marketing, ma anche perchè... beh, merita.
I due libri sono Il mondo Nuovo di Aldos Huxley e Solo per sempre tua di Louise O'Neill.

http://lamiasolaopinione.blogspot.it/ http://rosascioccato.blogspot.it/


I due libri, scritti a quasi un secolo di distanza, dimostrano indubbie similitudini e personalmente ho notato molto del primo nel secondo, senza che questi però ne risulti un clone, anzi, ma è indubbio che un colosso del genere fantascientifico de Il nuovo mondo è il massimo riferimento del genere e se si vuole scrive un libro di questo genere, è impossibile non averlo preso almeno in parte come modello.
Le mie recensioni qui sotto riporteranno la mia personalissima opinione, senza farne un riassunto per un ovvio motivo: il primo libro è un classico e la sua storia se non è nota è facilmente recuperabile, il secondo è parecchio commentato sul web e quindi non è difficile trovarne il riassunto che quindi anche in questo caso è superfluo.


Questo libro, scritto nel 1932 è una straordinaria perla del genere fantascientifico.
Per argomento e sviluppo, si può pensare che il libro sia incredibilmente attuale, nonostante i suoi ottant'anni.
Scritto più di quindici anni prima del più famoso 1984, è come lui un lampante colpo di genio del suo scrittore.
In questo libro abbiamo tutto quello che si può volere nelle paranoie di chiunque, sia nel campo scientifico che politico: dall'eugenetica al controllo mentale, ma anche i comportamenti sociali hanno un secco e ben definito modello.
Come ogni brava storia, questa società è nata dopo una guerra e la nascita di un unico grande governo, dove non si sa l'origine di tutto questo e parlano di quello che era il passato, come un'era barbara.
In questo mondo ci sono tutti gli elementi che possono alimentare le fantasie dei paranoici e far penare i pensatori:

  • un governo unico i cui capi sono gli unici a sapere perchè sono così e come erano prima
  • ossessione per il nuovo e il buttar via le cose recuperabili anche se solo lievemente scheggiate
  • serializzazione di ogni cosa
  • sessualizzazione precoce indotta già in giovane età
  • alienazone ai sentimenti perchè sbagliati
  • nascite in laboratorio e in serie
  • divisione in caste (con tanto manipolazione dei feti per intervenire sullo sviluppo di chi non è destinato agli alti livelli)
  • utilizzo di droghe euforizzanti per compensare il mancato condizionamento che induce ad amare la propria vita ed è impossibile non prenderlo
  • parole tabu come padre e madre (che sono usate come insulti)
  • vita collettiva e inaccettabile scegliere di passare il tempo in solitudine (Benni? In questo c'entri anche tu? Eh, Benny? Tu e la tua casa Balilla?)
  • e avere opinioni politiche? Ma scherziamo!

Tutto però ha un cambiamento proprio quando questa bella società incontra un suo simile: gli abitanti quindi incontrano un giovane uomo nato per errore da una donna e un uomo (lei viene mollata dove ci sono dei primitivi e, creduta morta, passa lì la vita dall'abbandono in avanti) di un'alta casta e che, confrontandosi contro di loro si scontra.
Nei fatti lui è stato allevato con lo stile non civilizzato, pur sapendo leggere e scrivere grazie alla madre.
Lo stratagemma è geniale e non puoi fare a meno di parteggiare per il giovane John e nel uso conflitto con il mondo da cui teoricamente dovrebbe venire. 
Se da un lato, infatti, ti viene voglia di mandare a quel paese le donne della riserva che si arrabbiano con sua madre perchè "gli ruba i mariti" manco fosse la puttana di turno e i loro compagni non avessero scelta (ma parliamo comunque di un libro scritto da un uomo nei primi anni trenta del 900, non posso chiedere un cervello e comunque rispecchia bene anche molte situazioni qui contemporanee) e quando ritornano i contatti col nuovo mondo è allontanata da questo perchè... tatatadaaan: è una madre.

Il libro incuriosisce e appassiona e personalmente, avendolo letto per la prima volta a diciassette anni, lo reputo interessante per tutte le età e tutti i generi.
Non è complicato, nè contorto. Piacevole alla lettura e affascinante. Non ha idee di cospirazione, ma certo ti fa pensare, quasi a chiedersi il mondo non si sta dirigendo davvero fino a quel punto.
In fondo, guardatevi attorno: davvero non trovate un po' di tutti i punti in quella società?



Questo libro è decisamente un altro paio di maniche.
Lo ammetto, forse è un po' sessista (ma anche no, se Salvini più dire certe cose sulla Boldrini e non esserlo), ma non credo che sia una lettura per uomini.
Le premesse sono le stesse del libro precedente: il mondo per un qualche motivo (in questo caso le nostre amate catastrofi naturali) si è trasformato in Zone.
La storia è ambientata in una specie di scuola femminile dove le eva, le nuove donne (anche queste  nate progettate in laboratorio) vengono allevate per diventare le compagne degli Eredi della loro zona.
La protagonista tale freida (notare che no, la f non è maiuscola, ma nessuna donna avrà il nome maiuscolo), una eva insucura e bisognosa di conferme. Il suo ultimo anno di scuola è l'anno decisivo: come eva dell'ultimo anno, dovrà conoscere gli eredi ed essere scelta: o diventerà una compagna (come lei e la sua migliore amica isabel hanno sempre sognato), una concubina o una casta.
Il suo piccolo mondo però si sconvolge in quanto la presenza costante di isabel viene a mancare: lei, la favorita del loro anno, smette di essere l'ape regina della situazione e anzi, comincia a essere il genere di donna che nessuno vorrebbe essere: grassa.
Durante tutto il racconto ci sono costanti riferimenti all'indottrinamento che le eva subiscono sin dalla tenera età, o il comportamento feroce che lor hanno tra di loro che va dall'ipocrisia alla cattiveria sempre celate in un sorriso per amore della richiesta di accettazione.
Oltre a freida e isabel, un altro elemento fondamentale della storia e megan, altra eva del loro anno che, sparita isabel, diviene la nuova ape regina.
Premetto (e conoscendomi lo ripeterò anche alla fine) il romanzo è estremamente veloce e fosibile. Non è pesante e anche quando è futile, non è stopposo e che l'innumerevole numero di pagine è assolutamente veloce, vuoi perchè di solito i libri hanno caratteri più piccolì, così come la spaziatura.
Ma c'è quel però. 
Oh, c'è, ma è totalemente personale.
Perchè?
Perchè se Il nuovo mondo lo guardi con un certo distacco, questo libro un po' di colpisce, urtando il tuo ego.
Ormai trent'enne, posso permettermi di guardare la me adolescente e darle un bel calcio sul fondo schiena ossuto, ma non ho voglia di rivedermi in un personaggio come quello di freida.
Tutte le ragazze si illudono di essere come isabel: bella, carina, simpatica, sincera, onesta... insomma, l'ape regina che tutte noi gregarie sogniamo di incontrare, ma in verità sono tutte delle stronze come megan.
La questione gregaria, in fondo, è il vero problema. Più leggi di freida più ti immedesimi. Purtroppo non è per la bravura dell'autrice (o della traduttrice), ma è per quella bruciante vocina nella tua testa che ti fa vedere troppo di lei in te, o nella vecchia te. Da come non risponde quando dovrebbe, pur di non farsi nemica dal capetta di turno, della sua esigenza di piacere.
In un certo senso, la sua dipendenza da sonniferi te la rende più accettabile perchè tu non necessariamente sei dipendente dai farmaci.
Forse è vero che, non essendo un'adolescente, vedo al questione "social network" in maniera più distaccata di come farebbe una diciassettenne (e quando viene tolto loro non l'ho reputato così tremendo), ma l'ossessione della magrezza è una costante della vita di tutte le donne. Io personalmente sono magra e il mio problema non è mai stato dimagrire ma ingrassare, ma non ho passato una settimana degli ultimi dieci anni, senza sentire qualcuna che non se ne lamenta anche se non ne ha decisamente bisogno. Poi c'è l'insana esigenza di dover piacere che ti fa venir voglia di tagliarti le vene, visto che ti fa ingoiare rospi davvero grossi offerti dal falso sorriso della stronza di turno che è prona a distruggerti appena non la veneri.
Io ho avuto la mia megan e la mia megan mi ha distrutto con le diffamazioni di rito quando a un certo punto l'ho mandata a 'fanculo, quindi personalmente ho avuto la mia vittoria, ma la freida che è in me, nonostante gli anni e il lavoro su me stessa, è rimasta. E nonostante tutto, non sarebbe stato difficile per me rimanere freida.
Perchè lasciate perdere tutte le parti di condivisione virtuale della storia, per il resto, con o senza fotografie postate in rete e commenti del cavolo, siamo state tutte fredia e una delle sue sorelle eva.
Leggendolo non ho però potuto non pensare alla mia nipotina di undici anni e a come, in effetti, le cose si stiano avvicinando a quelle descritte.
Lasciamo perdere le assurdità messe solo per far arrivare alla creazione della scuola (la nascita di soli maschi per pillola che elimina la possibilità di concepimenti femminili), ma l'induzione delle donne di essere sottomessa, senza lamentele, stupida e analfabeta, ubbidiente, servizievole e a pura e sola disposizione maschile non è così lontano da quello che ti inducono a pensare ora: mia nipote, ad esempio, dopo aver ricevuto uno skateboard come regalo per la promozione mi ha commentato "lo so, ti sembrerà assurdo che io abbia voluto un gioco del genere, ma..." e si è sorpresa quando le ho detto che alla sua età anche io ci giocavo e che non era un gioco da maschi.
La presenza anche degli eredi, poi, è del tutto irrilevante se non nel mostrare come queste eva siano del tutto anonime e intercambiabili tra di loro per quanto quei ragazzi possano professarsi coinvolti, e che anche questi eredi lo sono, basta che loro riescano a finire nella categoria che hanno scelto (poi, più in alto va, meglio è), ma il problema della loro presenza è proprio non tanto l'impossibilità delle eva di scegliere se andare o no con uno di loro, ma anche di come attualmente ci mettiamo in mostra per dimostrare quali brave serve (non mogli) potremmo essere perchè dobbiamo essere etichettate e dimanere in quelle etichette e perchè devi essere sempre in relazione con un uomo se no non sei nessuno. 
E che hai una data di scadenza.
Sfumature poi sulle modifiche genetiche che eliminano il gene Arcobaleno poi è solo pura inutilità dell'essere e l'autrice poteva evitarlo se non vuole poi approfondire la cosa in un altra storia (che allora ben venga, io me lo leggerò volentieir).
Il finale di freida è piuttosto scontato, anche se non lo è il modo in cui si arriva: passando per isabel, fino al crudele destino che di isabel che alla fine ha ceduto le armi, o forse ha vinto.
L'amicizia/non-più-amicizia tra le due è un elemento costante nella storia e comunque un elemento estremamente interessante per l'interazione e nel far riflettere sull'amicizia, peccato che in fondo, non sia particolarmente approfondito e sembra solo la parte della (forse troppa) carne al fuoco della storia (come la questione del gene, ma questa non è più sviluppabile).

giovedì 30 giugno 2016

MARIA ANTONIETTA E LO SCANDALO DELLA COLLANA di Benedetta Craveri



Maria Antonietta è di certo la più famosa regina di Francia.
Più di Caterina de Medici, che tenne unito il regno mentre a uno a uno i suoi figli passavano a miglior vita.
Più di Anna, infanta di Spagna, che ha protetto il figlio con maestrale eleganza dalla Fronda e ha dato alla Francia il Re Sole.
Potrei continuare citando anche la cara Maria Leszczyńska o la povera e sola Maria Teresa e andare zizzagando per tutta la storia del regno che più di tutti rappresenta l' Ancier Regim.
Ma è Maria Antonietta, rosa di Versailles, che ha le sfumature più malinconiche di tutte.


Il clamoroso Affare della Collana, poi, è forse l'emblema dell'incredibile impiccio in cui lei e il marito si stavano andando a cacciare (un impiccio che farà saltare migliaia di teste tra cui la loro, ma che soprattutto ha cambiato il mondo intero).
In questo libro, praticamente un compendio viste anche l'esiguo numero di pagine, ha l'incredibile capacità di lasciare al lettore un'intensa e precisa idea dei fatti, analizzando i personaggi principali di questa che, se non fosse successa davvero, sarebbe semplicemente un'opera rappresentabile alla Scala, suggestiva e surreale a tratti, divertente per altri, sicuramente con note drammatiche di interessante rilievo.

E' inutile, per me, stare qui a parlare della storia in sè: tutti la conoscono. Quindi scusatemi, passo direttamente al libro.


 La Craveri qui analizza in maniera metodica i fatti, raccoglie le fonti e il suo punto di vista rimane velato, anche perché sono i fatti che si commentano da soli e questo aneddoto, che accomuna la figlia illegittima di una casa reale decaduta e la sua sventurata regina, è esemplare sul mondo che fu.

Personalmente, lo ammetto senza mezzi termini, mi è piaciuta molto una certa ambiguità che si può notare alla conclusione della storia.
Un'ambiguità che certo è data anche dalle pieghe del tempo, ma che non può non lasciarti avvolti nel suo mistero.
E' un aneddoto che la Craveri non si risparmia di notare e che invece risulta essere estremamente interessante proprio perchè denota la superficialità che era ben ritratta anche dai libri di Watteau: quando guardi la nobiltà ritratta dall'artista e leggi della stessa superficialità nella fine di quel libro, non puoi non capire perfettamente come mezzo secolo dopo la morte dell'artista, i francesi hanno fatto una (la) Rivoluzione.




Se sei interessato...


giovedì 16 giugno 2016

Vendetta in rosa

Sto scrivendo ancora il nuovo capitolo di uno dei racconti, che mi sta prendendo più tempo del previsto. Spero di finirlo a breve, per intenderci.

Intanto mi permetto di segnalare la storia di una vendetta al femminile. Una storia vera e piuttosto simpatica. E' comparsa sul Corriere della Sera e per quanto ci siano delle premesse sulla situazione attuale della ragazza quando il giornalista parla della trasformazione su cui avrei da ridire su un paio di punti, è la storia in se che non ho potuto non apprezzare e mi è venuta voglia di condividerla. Lui chiede anche scusa con le frasi di circostanza, ma lei ha ribattuto la verità. Spero poi non gli dia una possibilità, perché quelle parole sono talmente vecchie che le ho già sentite pure io. E no, sono stufa di dare il beneficio del dubbio.

Perché?
Perché io stessa sono stata una di quei mostri che poi si è trasformata in una ragazza piacevole da guardare anche senza i mille chili di trucco (che sono troppo pigra per mettere) e ho avuto a che fare con amici che a distanza di tempo hanno fatto apprezzamenti che denotavano quanto mi sottostimassero prima come oggetto di probabile desiderio. Il che comunque insulta la mia dignità in primis (perché non sono solo un oggetto scopabile, ma una persona), e la loro che se pensano così di relazionarsi con le donne, allora sono i primi a non essere scopabili.

Un altro motivo è perché le commedie americane che ci costringono a tenere come stereotipo l'idea che la ragazza brutta (che brutta non è) e sfigata, diventa la strafiga (perché da pantalone, passa a minigonna) di turno e poi è felice che il tipo che prima la tormentava ora la ama.
Ma quella protagonista non merita il meglio. Le donne vere sì.

giovedì 9 giugno 2016

IL CALORE DEL SANGUE di Irène Némiruvsky e PAESI TUOI di Cesare Pavese

Volevo scrivere un post solo sul primo dei due libri del titolo, ma poi non ho potuto non fare mentalmente il paragone all'altro e la passione di quella lettura ancora è tanto forte in me che non ho potuto non decidere di metterla in atto.
Due libri che sono stati scritti nello stesso periodo, due libri che hanno una morte tragica al loro interno, due libri che indubbiamente mostrano una differenza abissale: quella dei due autori.

L'anno scorso il nome di Irène Némiruvsky è diventato famoso grazie a un film d'amore ambientato nella seconda guerra mondiale dove una donna francese si innamora di un soldato nazista che, se non ricordo male, è stato ospitato a casa sua. 
Ammetto di non aver visto il film per due motivi fondamentali: è una storia d'amore ed è ambientata nel periodo della seconda guerra mondiale. 
Ebbene sì, in questo blog parlo essenzialmente delle (dis)avventure morose di gruppo di donne, basandomi su storie veramente accadute, ma di romanzi rosa ne leggo ben pochi e, di sicuro, i film d'amore sono ben lontani dalla mia classifica dei film da non perdere.
Devo anche ammettere che la seconda guerra mondiale è in argomento piuttosto controverso per me. Sono una che legge documentari e resoconti di prima persona, che si è commossa con Elie Wiesel (pubblicherò certamente un riassunto del suo libro La notte e aggiungerò il link qui), ma non guardo i documentari sul nazifascismo, figuriamoci guardare un film simile.

Nei fatti, la signora Némiruvsky la conosco per un altro racconto.

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Il libro non è altro che il racconto controverso ed estremamente realistico. Provate a seguirmi. La storia comincia con il narratore Sylvestre che viene invitato al matrimonio della figlia di alcuni suoi amici di vecchia data a cui è molto legato: sua cugina Helene ed il marito Francois. Da qui sappiamo già qualcosa dei due coniugi: sono sempre stati molto innamorati e fin dal primo momento che Francois la incontrò quando ancora era una bambina, aveva deciso che si sarebbe sposato con lei. Già dalle prime battute, però, sappiamo che c'è qualcosa che non viene detto, che viene taciuto e che non tutti sanno; non era il primo marito di lei, non era nulla di che... forse. La storia comunque va avanti e parla del matrimonio dei due giovani innamorati (Colette e Jean) e si scopre anche molto sul perchè Sylvestre, un tempo di famiglia ricca e agiata, avesse invece perso tutto. La storia poi precipita in un giallo e i nodi vengono al pettine. Cose che il lettore intuisce solo o ha il sospetto, alla fine hanno un senso compiuto.


Questo breve racconto (scusate, ma per me è davvero difficile chiamarlo romanzo visto che il formato della Piccola Biblioteca Adelphi è di un A5 e il numero di pagine si aggira ai 150 con una velocità di lettura che può essere da un giorno a un'ora - dipende dal lettore) racconta quello che in verità era quasi la norma nelle storie di paese, parlando di una certa omertà dilagante, dove la noia porta ad azioni che in facciata non si farebbero mai, dove il rancore da tempo nascosto viene alla luce in tutto il suo fuoco. Se inizialmente puoi patteggiare per un personaggi, poi non puoi non trovarlo insofferente per il finto perbenismo che impone. Le persone del villaggio poi sembrano così simili a tutti gli abitanti di un certo mondo antico, dove devi obbedire alle loro regole, essere con loro e rimanere dalla loro parte e dove non c'è spazio che per l'assecondare un volere collettivo, dove, soprattutto, tutti sanno tutto ma nessuno sa niente e anche quando hanno deciso e voglio ammonire, comunque non parlano della verità di quello che è e che tutti sanno.
Il libro riesce ad essere in una così veloce lettura, tutto quello che molti libri tendono a voler essere in molte più pagine, anche se forse non sarebbe mai riuscito ad andare più nel profondo nella denuncia dell'ipocrisia di una finta vita perfetta dove il mondo agreste è idilliaco che non lo è e dove i rancori e le passioni non sono latenti, ma solo mal celate.

Insomma: un classico: nessuno parla ma tutti sanno tutto, tranne chi dovrebbe.




Autore di tutt'altro calibro è invece Cesare Pavese, sopratutto in PAESI TUOI .

Lessi questo libro bella più completa ignoranza. Solo dopo associai uno dei libri-polettone (La luna e il falò) di cui mi parlavano alcuni compagni e che il mio professore di italiano non ci fece mai leggere (preferendo molto di più Memorie dal Sottosuolo).  


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Anche Paesi Tuoi è un libro campestre, come l'altro. Ma qui il narratore non è un uomo ormai ritiratosi dal mondo, ma piuttosto un giovane ragazzo torinese: Berto.
Berto incontra in cella Talio, un contadino che non gli si scolla di dosso e che infine segue, finendo in un posto a lui del tutto estraneo: la campagna.Qui fa la conoscenza della famiglia di Berto: dal padre Talino (che guai a chi gli tocca l'unico maschio), alla madre alle quattro sorelle.
La differenza tra Berto e i suoi ospiti è profonda, lui non ha un'alta considerazione, se non per la più giovane, Gisella, che è l'unica ad avere un minimo di attrattiva ai suoi occhi.
Il ragazzo veleggia, come il lettore, che c'è qualcosa che non va, ma come il lettore prosegue con la sua storia fino all'atto tragico e Berto, sconvolto, l'unica cosa che vuole fare è tornarsene a casa. Qui di idilliaco non c'è nulla, solo la cruda realtà del mondo.Tutto è intenso in quello che accade e non c'è nessun mistero da svelare. Anche qui tutti sanno e tutti tacciono e solo Berto, che è estraneo, rimane veramente sconvolto dalle azioni che vengono perpetrate. Qui Pavese affronta temi forti e terribili, dalla violenza, all'incesto, dal maschilismo alla violenza di genere in un libro che sconvolge e quando lo finisci non puoi ancora credere di averlo letto davvero.
Qui si parla di passioni profonde, di ingiustizie inaudite e di rifiuto, della Bestialità della condizione umana.Nei fatti, Pavese vuole mostrare anche il cambiamento del mondo, come si stanno evolvendo le cose, dal malessere delle persone alla sempre attuale migrazione.
Temi allegorici usati o no, non riesci a rimanere indifferente davanti alla storia che Berto racconta, non puoi farlo.
Nel romanzo c'è la misoginia che ancora è ben presente nel nostro Paese, dove il figlio maschio viene difeso da tutto: dagli incendi, dallo stupro, dall'omicidio.
E' un libro intenso e, ben lontano dall'essere splatter, ti da meglio di altri un forte senso di orrore, come un pugno allo stomaco: perchè anche se non è reale, è indubbio che abbia un che di realistico.


Se anche tu sei interessato a leggerli...

    

martedì 7 giugno 2016

Simona e la lunga storia d'amore (VI parte)

Roberto l'aveva bidonata come al solito. Era stanco e voleva guardare una non ben specificata serie televisiva americana di spie e simili. Aveva preso per assodato che, nonostante la bella e calda serata estiva, lei rimanesse piazzata con lui sul divano.
Peccato che aveva detto no e, guardando Rosa le aveva chiesto
<< Cosa fai stasera dopo il lavoro? >>
Il perchè era noto anche a Rosa, anche se non era stato esplicito.
E aveva un nome.
Dopo averla salvata da buona parte delle ripicche emotive di Roberto, Mario le era rimasto in testa.
Aveva chiesto a lui e ai suoi amici dove sarebbero stati, per poi scoprire che andavano in uno dei suoi locali abituali. Aveva risposto che anche lei pensava di farci un salto, però non ne era molto sicura.
Roberto infatti non ne voleva sapere di uscire ed era stato così che aveva raggiunto Rosa.
Le aveva accennato che avrebbe voluto andare al JoKe ma che aveva saputo che anche dei loro amici sarebbero andati là.
Lei non aveva mangiato la foglia, ma aveva accettato.
<< Mi offri da bere, però. >>
Per sua fortuna la richiesta alcolica di Rosa non era stata particolarmente costosa.
Si era invece preoccupata di sorridere e salutare tutti come fosse una sorpresa trovarli lì e accettare con (falsa ma ben mascherata) felicità l'invito a sedersi con loro.
Rosa non era antusiasta per vari motivi. Il primo era che li conosceva. Il secondo era che li conosceva fin troppo bene,
Simona però apprezzò la sua capacità di adattamento e la serata fu molto piacevole.
Parlò un po' con tutti e un po' di tutto, fermandosi solo per parlare con gli amici che incontrava.
Joke era un locale molto frequentato dai musicisti della zona e lei ormai non solo lo frequentava da anni, ma conosceva bene, se non intimamente, il novanta per cento delle persone che lo frequentavano, con i quali aveva avuto collaborazioni artistiche, amicizie e molte storie da raccontare agli amici per farsi quattro risate.
Aveva anche intravisto il suo batterista, bere con una bella ragazza al fianco. Una bella ragazza che l'aveva fulminata con li occhi, quando si erano scambiati un cenno di saluto.
A lei, però, non era importato molto, preferendo concentrarsi su Roberto.
Verso metà serata, però, la piacevolezza di quella compagnia si incrinò irrimediabilmente.
<< Quella è proprio vestita pro stupro >>
Fu letteralmente una doccia fredda.
Tutti si girarono d'istinto verso l'entrata del locale, dove lui stava guardando.
<< Proprio pro stupro, guarda te! >>
Non era stato difficile intuire di chi parlava. Tra tutte le ragazze con i pantaloni di jeans e magliette scialbe c'era solo una ragazza che spiccava.
Era una giovane donna dai lunghi capelli neri, l'abito nero che le fasciava il bel corpo e dei tacci alti.
Ad essere sincera, non le sembrava particolarmente provocante. Tutt'altro.
Il vestito non era particolarmente corto, la scollatura non sembrava particolarmente profonda o di un tessuto particolarmente trasparente.
Gli altri ragazzi non dissero nulla, uno scosse la testa per dargli ragione e un altro ancora rise.
Le ragazze abbassarono o sguardo arricciando la bocca come per dire "un'altra delle sue uscite".
Ma non le serviva guardarla per sapere che Rosa voleva saltare alla giugulare di Roberto come un cane antidroga con uno spacciatore con la borsa piena di cocaina.
La guardò mordersi la lingua, mentre la implorava con lo sguardo di tacere.
Sapevo cosa avrebbe voluto fare.
Se non fisicamente, avrebbe figurativamente preso per il collo il ragazzo anche se era alto il doppio di lei e infilargli il tacco dodici della ragazza vestita di nero su per il retto.
Non poteva darle torto, come non le diede torto quando continuava a guardare l'orologio, tacendo per il resto della serata.
Non le aveva dato torto neanche quando salite in macchina aveva cominciato a infierire e ad insultarlo.
<< Certo che, Simo, sei messa davvero male se provi ancora attrazione per quello. Non solo Mario è così basso di livello morale e mentale da pensare davvero una cosa del genere, ma sa essere anche peggiore di così. Se ti accontenti di un così, non voglio sapere come è Roberto. >>
<< Non è che mi accontento, tanto non mi guarda neanche. >>
<< E non pensi che sia tutto un guadagno? >>
Simona non rispose, sospirando.
<< Forse hai ragione. >> le disse quando stava per scendere dalla sua macchina << Ma abbi pazienza, ok? >>
<< Tranquilla. Gli amici servono sopratutto quando fai stupidaggini, se no non ha senso averli. Ma tu lo sai che meriti di meglio, vero? >>
Meritare di meglio... era bello sentirselo dire.
Ma... ma aveva Roberto a casa.

sabato 28 maggio 2016

H&M: quando dei bei messaggi forti fanno davvero moda.

La stagione scorsa per spendere un regalo di compleanno (buono spesa) sono andata ad H&M.
Ammetto che non sono una grande amante di quel marchio, ma sono rimasta sorpresa di un loro prodotto.
Così tanto che l'ho comprato.

rosascioccato.blogspot.com

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Forse avrei dovuto premettere che ODIO le scritte sulle magliette. 
Penso sia poco intelligente indossare il marchio di una società e pagarlo pure in maniera spropositata, penso anche che qualunque logo debba essere eliminato (anche perchè se non riesci a distinguere un buon capo da uno pessimo senza il logo, allora vuol dire che anche il buon capo è pessimo) e anche la maggior parte delle scritte e dei disegni.
Tutto deve essere in un certo standard di estetica.
Dai Pois alle farfalle per arrivare al Tartan (primo grande amore) tutto deve essere dentro un certo schema estetico, di proporzioni e... beh, non deve essere quello che io definisco "cinesata", "paino", "paesano" e chi più ne ha più ne metta.
Sì, sono un po' puzzona.

Poi arriva questa:
feminism the radical notion that women are people

Femminismo: l'idea radicale che le donne sono persone.

E' sconvolgente nella sua semplicità. Felpa nera con scritta bianca, scritta senza fronzoli, da dizionario (dizionario, non Wikipedia), con un messaggio chiaro, semplice, lineare e assolutamente centrato.

Ho scoperto per scrivere di questo post che lo hanno scritto anche sulle magliette.



In verità H&M non è nuova a queste scritte.
Ne ha fatte altre di molto belle:

rosascioccato.blogspot.com
Questo ne è solo un esempio



Denotano un'idea di fondo estremamente bella e provocatrice che non è come la puttanata delle Veline "Che sono nate facendo il verso alle vallette ma che in fondo sono molto peggio visto che sin da subito è diventato un termine dispregiativo".

Qui c'è un messaggio e qualcuno con il coraggio di indossarlo.

In Italia dobbiamo quasi ringraziare l'essere molestate e mettere messaggi simili offenderebbe la nostra società... ma io sono nata Punk.

Perchè ne ho parlato?
Perchè consiglio a tutti di indossare le proprie idee, non solo fingere  di averle. Forse non potremo cambiare il mondo, ma sicuramente cambia il nostro amor proprio.