giovedì 9 giugno 2016

IL CALORE DEL SANGUE di Irène Némiruvsky e PAESI TUOI di Cesare Pavese

Volevo scrivere un post solo sul primo dei due libri del titolo, ma poi non ho potuto non fare mentalmente il paragone all'altro e la passione di quella lettura ancora è tanto forte in me che non ho potuto non decidere di metterla in atto.
Due libri che sono stati scritti nello stesso periodo, due libri che hanno una morte tragica al loro interno, due libri che indubbiamente mostrano una differenza abissale: quella dei due autori.

L'anno scorso il nome di Irène Némiruvsky è diventato famoso grazie a un film d'amore ambientato nella seconda guerra mondiale dove una donna francese si innamora di un soldato nazista che, se non ricordo male, è stato ospitato a casa sua. 
Ammetto di non aver visto il film per due motivi fondamentali: è una storia d'amore ed è ambientata nel periodo della seconda guerra mondiale. 
Ebbene sì, in questo blog parlo essenzialmente delle (dis)avventure morose di gruppo di donne, basandomi su storie veramente accadute, ma di romanzi rosa ne leggo ben pochi e, di sicuro, i film d'amore sono ben lontani dalla mia classifica dei film da non perdere.
Devo anche ammettere che la seconda guerra mondiale è in argomento piuttosto controverso per me. Sono una che legge documentari e resoconti di prima persona, che si è commossa con Elie Wiesel (pubblicherò certamente un riassunto del suo libro La notte e aggiungerò il link qui), ma non guardo i documentari sul nazifascismo, figuriamoci guardare un film simile.

Nei fatti, la signora Némiruvsky la conosco per un altro racconto.

http://rosascioccato.blogspot.it/
Il libro non è altro che il racconto controverso ed estremamente realistico. Provate a seguirmi. La storia comincia con il narratore Sylvestre che viene invitato al matrimonio della figlia di alcuni suoi amici di vecchia data a cui è molto legato: sua cugina Helene ed il marito Francois. Da qui sappiamo già qualcosa dei due coniugi: sono sempre stati molto innamorati e fin dal primo momento che Francois la incontrò quando ancora era una bambina, aveva deciso che si sarebbe sposato con lei. Già dalle prime battute, però, sappiamo che c'è qualcosa che non viene detto, che viene taciuto e che non tutti sanno; non era il primo marito di lei, non era nulla di che... forse. La storia comunque va avanti e parla del matrimonio dei due giovani innamorati (Colette e Jean) e si scopre anche molto sul perchè Sylvestre, un tempo di famiglia ricca e agiata, avesse invece perso tutto. La storia poi precipita in un giallo e i nodi vengono al pettine. Cose che il lettore intuisce solo o ha il sospetto, alla fine hanno un senso compiuto.


Questo breve racconto (scusate, ma per me è davvero difficile chiamarlo romanzo visto che il formato della Piccola Biblioteca Adelphi è di un A5 e il numero di pagine si aggira ai 150 con una velocità di lettura che può essere da un giorno a un'ora - dipende dal lettore) racconta quello che in verità era quasi la norma nelle storie di paese, parlando di una certa omertà dilagante, dove la noia porta ad azioni che in facciata non si farebbero mai, dove il rancore da tempo nascosto viene alla luce in tutto il suo fuoco. Se inizialmente puoi patteggiare per un personaggi, poi non puoi non trovarlo insofferente per il finto perbenismo che impone. Le persone del villaggio poi sembrano così simili a tutti gli abitanti di un certo mondo antico, dove devi obbedire alle loro regole, essere con loro e rimanere dalla loro parte e dove non c'è spazio che per l'assecondare un volere collettivo, dove, soprattutto, tutti sanno tutto ma nessuno sa niente e anche quando hanno deciso e voglio ammonire, comunque non parlano della verità di quello che è e che tutti sanno.
Il libro riesce ad essere in una così veloce lettura, tutto quello che molti libri tendono a voler essere in molte più pagine, anche se forse non sarebbe mai riuscito ad andare più nel profondo nella denuncia dell'ipocrisia di una finta vita perfetta dove il mondo agreste è idilliaco che non lo è e dove i rancori e le passioni non sono latenti, ma solo mal celate.

Insomma: un classico: nessuno parla ma tutti sanno tutto, tranne chi dovrebbe.




Autore di tutt'altro calibro è invece Cesare Pavese, sopratutto in PAESI TUOI .

Lessi questo libro bella più completa ignoranza. Solo dopo associai uno dei libri-polettone (La luna e il falò) di cui mi parlavano alcuni compagni e che il mio professore di italiano non ci fece mai leggere (preferendo molto di più Memorie dal Sottosuolo).  


http://rosascioccato.blogspot.it/


Anche Paesi Tuoi è un libro campestre, come l'altro. Ma qui il narratore non è un uomo ormai ritiratosi dal mondo, ma piuttosto un giovane ragazzo torinese: Berto.
Berto incontra in cella Talio, un contadino che non gli si scolla di dosso e che infine segue, finendo in un posto a lui del tutto estraneo: la campagna.Qui fa la conoscenza della famiglia di Berto: dal padre Talino (che guai a chi gli tocca l'unico maschio), alla madre alle quattro sorelle.
La differenza tra Berto e i suoi ospiti è profonda, lui non ha un'alta considerazione, se non per la più giovane, Gisella, che è l'unica ad avere un minimo di attrattiva ai suoi occhi.
Il ragazzo veleggia, come il lettore, che c'è qualcosa che non va, ma come il lettore prosegue con la sua storia fino all'atto tragico e Berto, sconvolto, l'unica cosa che vuole fare è tornarsene a casa. Qui di idilliaco non c'è nulla, solo la cruda realtà del mondo.Tutto è intenso in quello che accade e non c'è nessun mistero da svelare. Anche qui tutti sanno e tutti tacciono e solo Berto, che è estraneo, rimane veramente sconvolto dalle azioni che vengono perpetrate. Qui Pavese affronta temi forti e terribili, dalla violenza, all'incesto, dal maschilismo alla violenza di genere in un libro che sconvolge e quando lo finisci non puoi ancora credere di averlo letto davvero.
Qui si parla di passioni profonde, di ingiustizie inaudite e di rifiuto, della Bestialità della condizione umana.Nei fatti, Pavese vuole mostrare anche il cambiamento del mondo, come si stanno evolvendo le cose, dal malessere delle persone alla sempre attuale migrazione.
Temi allegorici usati o no, non riesci a rimanere indifferente davanti alla storia che Berto racconta, non puoi farlo.
Nel romanzo c'è la misoginia che ancora è ben presente nel nostro Paese, dove il figlio maschio viene difeso da tutto: dagli incendi, dallo stupro, dall'omicidio.
E' un libro intenso e, ben lontano dall'essere splatter, ti da meglio di altri un forte senso di orrore, come un pugno allo stomaco: perchè anche se non è reale, è indubbio che abbia un che di realistico.


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