venerdì 21 ottobre 2016

Rosa e l'innamorato (I parte)




Carlo era un uomo di quarant’anni per nulla attraente.
Si atteggiava da uomo vissuto, cosa che a Rosa sembrava quantomeno ridicola.
Ci aveva provato (invano) con tutte le donne che gli erano passate sotto agli occhi in quel locale (lei compresa), senza che qualcuna accettasse.

Almeno davanti a lei, of course.

Francesco si era preoccupato, un giorno, di arrivare con aria sognante e dirle, dopo lunghi sospiri e infiniti giri del cucchiaino nel caffè, quello che di certo non poteva tenere per sé.
<< Mi sono innamorato… >>
Rosa sorrise automaticamente.
<< Davvero? Bene! Anche lei? >>
<< Sì… >> disse lei sospirando estasiato.
<< Oh! Mi fa piacere, guarda. Davvero molto piacere. >>
Lui scosse la testa sognante.
Rosa continuò a servire un paio di clienti.
<< L’ho incontrata in un locale, si chiama Gisela. >>
Rosa lo guardò fingendo nuovamente interesse. Non era colpa sua, in fondo, ma di Francesco: ogni settimana ne aveva una, a suo dire. E ogni settimana gli raccontava sempre la stessa cosa.
Che era innamorato perso della bella ragazzina (soprattutto a paragone dell’età ormai non più imberbe di lui, oltre che all’aspetto) di turno.
Ancora, ancora e ancora.
Avrebbe fatto tenerezza, se non farcisse ogni cosa con uscite sessiste, razziste e simili.
<< Bel nome. >>
<< Eh, sì! >> disse lui come se fosse una cosa ovvia e guardandola con un misto di comprensione per il suo di nome << Lei è romena. >>
<< Beh, in italiano sarebbe Gisella, in fondo. >>
<< Sì, ma… non è una di quelle, né! >>
<< Quelle… cosa? >> chiese Rosa sentendosi andare sul piede di guerra.
<< Una di quelle che si mette con te solo per i soldi, dico. >>
<< Ah! Ok, sì certo. Sicuramente! >>
<< No, davvero. >>
<< Ma non ne dubito. Sul serio. Non guardarmi così. Non sono così prevenuta. Mi hai detto troppo poco di lei per essere prevenuta. E poi dai, non sei esattamente Onassis, no? >>
Ribatté Rosa ricordando perfettamente il mese prima, quando Francesco faceva commenti sulle ragazze provenienti da tutta l’ex Jugoslavia e regioni limitrofe.
Senza, stranamente, citare le russe, ma insinuare qualcosa sulle cinesi e le sudamericane.
Sì, se Francesco era razzista, in fondo, non era razzista su una sola etnia: lo era con tutti fuorché se stesso.
Se glie avesse lanciato la frecciatina, probabilmente Francesco non avrebbe saputo ribattere che, a ben vedere, la Romania non era uno di quegli stati da lui citati e che comunque, ricordava male lei.
Of course.
Stava ancora ragionando sulla cosa, quando lui continuò il suo racconto.
<< Ha ventidue anni. >>
Rosa intercettò lo sguardo si Izabela, la ragazza rumena che prendeva il caffè seduta due posti più in là e che aveva scelto quel posto proprio perché era abbastanza lontano da Francesco da evitare le sue avance.
<< Ho avuto un vero colpo di fulmine… >> continuò lui.
<< Bene. >>
<< E’ bellissima. Non ho mai conosciuto una donna più bella… >>
<< Ne sono felice. >>
<< Ha due occhi… >>
<< Dai, pensavo tre. >> scherzò lei.
Lui soprassedé.
<< Poi, poverina. Ha avuto una vita davvero triste, sai? >>
<< Oh, cavoli. Mi spiace. >>
<< Eh, sì. In Romania abitava in una casa senza corrente, né acqua. >>
<< Urchi. >>
<< E non avevano niente… ma proprio niente. >>
<< Poverina. >>
<< Sua madre povera, fatica come una schiava… e lei allora ha deciso di venire in Italia a guadagnare un po’ di soldi. E li manda tutti-tutti a casa, eh! >>
<< Che brava. Immagino faccia molti sacrifici. >>
Rispose Rosa decidendo scientemente di non chiedere che lavoro facesse.
<< Eh, sì… >>
L’uomo continuò a parlare e sospirare per un’altra mezzora, prima di ricordarsi che, forse, doveva andare al lavoro anche lui e si congedò.
Rosa si chiese per qualche minuto quale fosse stato il pensiero di Izabela a quella storia e la risposta le arrivò pochi giorni dopo.
Una sera, verso l’ora dell’aperitivo, infatti, Izabela arrivò con una collega e le tre donne cominciarono a parlare.
Tra una cosa e l’altra, la sua collega le confidò che non frequentava molto questo bar per due motivi: il primo è che in un bar vicino c’era sempre un ragazzo davvero bello con cui flirtava e l’altro era che più di una volta aveva sentito un paio di clienti fare uscite davvero degradanti per il genere umano.
Non che questo le interessasse molto, pensò Rosa, ma in fondo se le persone si vogliono scusare per il nulla, chi era lei per negarglielo?
<< Mi chiedo come fai tu… >>
<< Vorrei dirti sputo nel loro bicchiere, ma non è vero. La maggior parte delle volte non ascolto, o fingo di non ascoltare, poi c’è tutta la parte delle volte in cui se sto zitta il mio capo mi dà un extra. Poi ci sono le volte in cui sto zitta e lui le sente su perché davvero certe non si possono sentire, soprattutto quando danno la colpa alle donne se sono degli sfigati, o hanno giustificazioni che manco i nostri politici potrebbero inventarsi! E poi ci sorprendiamo del nostro governo! >>
<< Sì, si guardassero una volta allo specchio! >> continuò Izabela alzando gli occhi al cielo << Ti guardano come se ti facessero un favore a stare nella stessa stanza con te, quando l’unica cosa che vuoi fare tu e correre molto lontano da loro! Tipo quel tizio che l’altro giorno si diceva innamorato perso per una ventiduenne. >>
<< Francesco? >>
<< Non lo so come si chiama, so che ha detto che anche se era rumena la ragazza non era una di quelle e che fino al giorno prima mi chiedeva di uscire e che mi diceva "Ma anche se sei sposata, io mica sono geloso..." come se il suo apprezzamento mi facesse piacere. >>
<< Sì, Francesco. >> confermò Rosa non potendo non notare come Izabela fosse brava nella sua imitazione.
<< Sì, ma oh! Io sono rumena e non sono una di quelle e di sicuro con uno come lui non ci uscirei mai, ma no, la mano sul culo me la vuoi sempre mettere e devo anche esserne felice? Io, come chiunque, a ventidue anni sarei mai andata con uno come lui. >>
Rosa pensò che Izabela doveva proprio essere esasperata delle molestie di Francesco. Non che fosse la sola...
<< Ma non ci andresti neanche adesso. >>
<< Ma manco se mi costringono, guarda! Figurati se una bella (a suo dire) ragazza di vent'anni si può sentire davvero attratta da lui! >>
<< Eddai, ogni scarafone è bello a mamma soja, no? >> tentò di mitigare l’amica.
<< No, quello proprio no. >>
<< Non è che è cattivo, >> si ritrovò a dire Rosa << È che proprio… non ci arriva. Non capisce quando dovrebbe tacere, non capisce quando esagera, non capisce. Non lo fa con cattiveria. >>
<< Per me sì e quella se la merita proprio. Quanto ci scommetti che riuscirà a spillargli con quattro moine e la storia della famiglia povera un sacco di soldi? >> chiese allora la donna con un sorriso beffardo.
<< Non che ne abbia tantissimi… >>
<< E glieli prenderà tutti. >>
<< E tu? >> provocò la collega. << La tua mamma come sta? >>
<< Benissimo, guarda. E di certo non mi chiede una soldo anche se abita in una cascina senza acqua calda. Anzi, tra un po’ è lei che mi manda i soldi, che tra le galline e l’orto lei non ha problemi per mangiare, mentre io e Ugo non arriviamo a fine mese… >>
<< Io spero che invece questa si sia fatta affascinare davvero da lui. >> disse seria Rosa mentre metteva a riscaldare un trancio di pizza e guardava dei clienti entrare. << Buonasera! Sedetevi dove volete! >>
<< Dici sul serio? >> Chiese Izabela incredula.
<< Sì. Anche solo perché così magari smette di fare il viscido. >>
Detto questo uscì dal bancone e andò a prendere le nuove ordinazioni, sperando con tutto il cuore che Izabela non avesse ragione.
In fondo le donne non erano programmate per credere nell’amore e doversi innamorare anche degli scarafaggi anche solo perché respiravano e per quanto fosse piccolo e mal funzionante il loro pendolo?
Sì, convenne Rosa, questa del pendolo avrebbe dovuto raccontarla a Simona.

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