sabato 26 ottobre 2019

Una tragedia alla Don Matteo... forse? Ma? Purtroppo col senno di poi non si fanno rivoluzioni.

(Questo articolo è stato scritto il 9 febbraio 2017 sul blog della sottoscritta Donna in Rete: una finestra sul mondo)



QUESTO ARTICOLO A NUMEROSE ARGOMENTAZIONI PARTICOLARMENTE SCORRETTE CHE POTREBBERO INDISPORRE LA MAGGIOR PARTE DEI (PER ME IPOCRITI) BENPENSANTI, SE LEGGETE LO FATE A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO E NON VI LAMENTATE.

Vasto. Non sto qui a raccontare nuovamente la stesse cose che sono perfettamente leggibili su tutti i giornali e gli articoli disponibili anche online.
Ma fare solo mere considerazioni personali.

Forse perché ora si divertono a pubblicare la lettera del ragazzo suicida che dice addio dando la colpa agli altri di tutto quello che non andava nella vita.
Forse perché il 14 gennaio di quest'anno si è spento Gabe Marcela, poco più giovane del suicida, morto per un difetto congenito al cuore, dopo che la madre ha mosso il mondo (del web) per fargli giocare in anteprima l'ultimo videogioco di Legend Of Zelda, sua unica fonte di gioco perchè di correre davvero non poteva neanche pensarci.
Forse perché ci sono ragazzi seviziati dalla polizia che dovrebbe difenderli e poliziotti che muoiono eroicamente provando a salvare una sola vita.
Forse è per l'aria di cospirazione sui cambiamenti delle leggi del Tuom.
Forse è per l'Abruzzo.
Forse è per il senso di catastrofe che ci attanaglia.
Forse è il senso di impotenza davanti all'inesorabile avanzata del tempo.
Forse è per la voglia di non arrendersi, ma mandare a 'fanculo tutti quelli che parlano di perdono come se fosse una cosa facile.

Fabio di Lello era sicuramente caduto in un profondo stato depressivo per la morte della moglie Roberta. Comprensibile: parliamo di un uomo felice ed innamorato, soddisfatto della sua vita che gli andava bene e che di colpo ha perso ogni significato.
Io raramente credo che le persone possano amare fino al punto di autodistruggersi, ma lui amava davvero in questo modo, a quanto pare. I racconti che vengono fatti del suo modo di affrontare la perdita, la fanno da padroni su ogni articolo. E ogni volta penso che quest'uomo, in qualche modo, dovesse essere aiutato. In che modo? Non saprei, ma si vedeva che non stava bene. So cosa vuol dire quando un tuo famigliare perde troppo presto la persona cara. Sicuramente non lo lasci in uno stato di commiserazione, tristezza ed odio.
Se no scusatemi ma uno non prende una pistola e spara. Anche se lo vorrebbe.
O dobbiamo cominciare ad analizzare il senso di megalomania di un uomo che visibilmente non ha, perchè se no non sarebbe andato a piangere ancora sulla tomba dell'amata e non avrebbe aspettato lì l'arrivo dei carabinieri. Quello era semplicemente disperato. Solo e disperato, anche se circondato da migliaia di persone.
Italo D'Elisa era il colpevole dell'omicidio e per questo lo ha punito, anticipando la comparsa del giovane davanti al tribunale al quale, ovviamente, non credeva. Altrimenti avrebbe lasciato fare alla giustizia.
Purtroppo su questo non posso dargli torto. Neanche io ho più fiducia nella giustizia. Non l'ha più nessuno. Lenta e a favore dei delinquenti troppo spesso. Arroccati nei loro diritti e incapaci di voler fare il loro dovere. E se penso al loro sotto organico, che è indubbio che ci sono posti dove davvero lavorano per amore della legge, penso a quelli che lavorano mezza giornata scarsa. 


Qui comunque scatta la prima riflessione: la differenza tra incidente e omicidio stradale.
L'incidente è dato da una serie di fatalità che hanno portato ad un tale evento, l'altro invece è causato da circostanze che potevano essere evitate.
Tralasciamo innanzitutto quelli che salgono su un veicolo pensando seriamente di ammazzare in questo modo qualcuno, o quelli che lo fanno nel flip imbecille di un gioco mentale o di fara con un altro amico con lo stesso livello di intelligenza. Parliamo dei casi più comuni.
Mi capita spesso, davanti ai piagnistei dei morti stradali, di tacere per quieto vivere. Perché? Perchè sono urticata dall'idea di dover compiangere chi è morto perchè ha sbattuto contro un palo o è andato fuori strada perchè ubriaco o sotto effetto di stupefacenti. A volte penso che sia meglio così, perchè se rimaneva paralizzato toccava pure che le famiglie se lo dovessero prendere in carico e spenderci dei soldi, tempo e salute. Nessuno li ha costretti a prendere alcun che e se dicono il contrario è una cazzata. I casi sono così esigui da essere irrisori. Non sono donne a cui rifilano del roipnol o dopo aver preso qualcosa vengono violentate. Non siate così vili e meschini da metterli sullo stesso piano: se tu agisci sotto effetto di qualcosa sei un criminale: sai che non sei nello stato di poterlo fare davvero ma te ne fotti.
Se questi buon "temponi" invece causano la morte di qualcuno, allora è tutto un altro paio di maniche. Qui mi incazzo. Non sono innocenti, sono dannatamente colpevoli. Per me non è neanche omicidio colposo, ma volontario: guidare in stato alterato vuol dire essere consapevoli di essere una mina vagante.
Poi ci sono gli incidenti.
Gli incidenti sono dettati dalla leggerezza.
Dalle sceme che parlano con il vivavoce e il telefono in mano (sì sono statisticamente le donne) pensando così di essere fighe e sagaci, agli imbecilli che se lo tengono all'orecchio (questi sono gli uomini, dei geni).
A quelli che non mettono la freccia a chi ha l'ansia del sorpasso.
Poi c'è chi cambia la stazione radio e chi parla con quello affianco.
C'è semplicemente chi sta pensando ai fatti suoi, perchè ha avuto una bella giornata o perchè è stata pessima ed è così concentrato da distrarsi.
A volte si è solo stanchi.
Corriamo tutti, senza sapere davvero dove. Non pensiamo davvero a quello che stiamo facendo e... ne veniamo travolti.

Ammetto che quando cominciai a leggere il primo articolo su questa tragedia, nel titolo, mi aspettavo che lui rientrasse del primo caso e non il secondo. E invece no. Mi sbagliavo.
Più passa il tempo più penso seriamente che sì il ragazzo abbia causato la morte della donna, ma non ne sia l'assassino. Se non sapete la differenza, è inutile che crediate di saper pensare.

Qui sembra proprio che sia stato un incidente. Una distrazione che, brutto a dirsi, capita: sfido chiunque a dire che MAI nella loro vita non abbia dovuto inchiodare, uscendo da un parcheggio o da un incrocio, perchè si è visto di colpo l'arrivo di un'altro (che magari ha pure accelerato per non farti passare).
Qui lui si molto probabilmente si aspettava al massimo fosse giallo e di avere tempo e lei è partita nell'istante esatto in cui è scattato il verde.
Probabile e non impossibile che sia andata così e io conosco fin troppe persone che sono così "furbe" (ed è il motivo che preferisco muovermi per i fatti miei: per personalità non riesco a pensare "e vabbeh" ma  "le la regola è così, è così. Se penso che sia sbagliata è un conto, ma se non lo penso, faccio la cosa giusta").
Dirò di più: conosco una storia analoga, ma al contrario. La vittima è sempre il motociclista: un giovane uomo che una sera passava col rosso. Il conducente della macchina che il ragazzo ha preso in pieno invece passava col verde. E' stato un incidente fatale e l'autista ha ripreso la macchina solo perchè aveva una famiglia da mantenere e non perchè non fosse letteralmente terrorizzato dalla sola idea di salire dentro l'abitacolo.

Ora compaiono anche i resoconti di come il ragazzo aveva affrontato la tragedia (giusto per la cronaca: a 22 anni sei un ragazzo, a 30 sei un uomo. Giovane ma uomo. sì, c'è differenza, per esperienze di vita e testa). Perchè ovviamente il ragazzo prima non non poteva parlarne in tv, non era un caso nazionale.
Il padre racconta come si fosse ritrovato solo e isolato (anche abbandonato) da tutti, ossessionato dall'incidente, tanto da pensare di non rendere più la macchina in tutta la sua vita. Non è uscito di casa per molto tempo ed era rimasto sconvolto sia dall'esperienza che dalle urla di vendetta contro di lui (e sarò brava: non ironizzerò sugli incitamenti che avrebbero detto se fosse stata una donna). Alla fine Italo poi non si è fatto scoraggiare e ha deciso di ricominciare a uscire e, al massimo, si muoveva con la bici.

Qui la seconda considerazione.
Qui nasce il giallo.
Di Leo afferma che lo vedeva sbeffeggiarlo in motorino, quando lui il motorino non l'aveva.
Quindi c'era qualcuno che lo faceva, godendo del suo lutto, conscio tra l'altro del fatto che l'uomo non lo riconosceva, coperto dal casco.
O peggio: qualcuno lo salutava per stima ed empatia per la tragedia e lui, nella mente alterata dal dolore pensava a una beffa e pensava che la beffa fosse fatta proprio dal suo "nemico".
Perchè la sua famiglia temeva che facesse un gesto estremo su se stesso, gesto che ha fatto: solo verso un altro.
Perchè tutti pensiamo di fare il minimo indispensabile e istigare alla violenza siano le soluzioni migliori. E con lui hanno fatto questo.

SONO TUTTI COLPEVOLI, ORA.

Terza considerazione.
Due cose, in verità.
Che dicono di sentirsi vicino alla famiglia D'Elisa e probabilmente, quando loro si sentivano allo stesso modo, gli hanno risposto (non ufficialmente) peste e corna. Ma non si può imputare loro l'incapacità di dare perdono, perchè per un grande torto, vi vuole un lungo percorso e ormai questo pretendiamo che non sia così.
E la cosa più raccapricciante: gli avvoltoi giornalistici che li perseguitano sperando in una dichiarazione in lacrime, manco fossimo tutti la strana famiglia di Gaber.


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