giovedì 30 giugno 2016

MARIA ANTONIETTA E LO SCANDALO DELLA COLLANA di Benedetta Craveri



Maria Antonietta è di certo la più famosa regina di Francia.
Più di Caterina de Medici, che tenne unito il regno mentre a uno a uno i suoi figli passavano a miglior vita.
Più di Anna, infanta di Spagna, che ha protetto il figlio con maestrale eleganza dalla Fronda e ha dato alla Francia il Re Sole.
Potrei continuare citando anche la cara Maria Leszczyńska o la povera e sola Maria Teresa e andare zizzagando per tutta la storia del regno che più di tutti rappresenta l' Ancier Regim.
Ma è Maria Antonietta, rosa di Versailles, che ha le sfumature più malinconiche di tutte.


Il clamoroso Affare della Collana, poi, è forse l'emblema dell'incredibile impiccio in cui lei e il marito si stavano andando a cacciare (un impiccio che farà saltare migliaia di teste tra cui la loro, ma che soprattutto ha cambiato il mondo intero).
In questo libro, praticamente un compendio viste anche l'esiguo numero di pagine, ha l'incredibile capacità di lasciare al lettore un'intensa e precisa idea dei fatti, analizzando i personaggi principali di questa che, se non fosse successa davvero, sarebbe semplicemente un'opera rappresentabile alla Scala, suggestiva e surreale a tratti, divertente per altri, sicuramente con note drammatiche di interessante rilievo.

E' inutile, per me, stare qui a parlare della storia in sè: tutti la conoscono. Quindi scusatemi, passo direttamente al libro.


 La Craveri qui analizza in maniera metodica i fatti, raccoglie le fonti e il suo punto di vista rimane velato, anche perché sono i fatti che si commentano da soli e questo aneddoto, che accomuna la figlia illegittima di una casa reale decaduta e la sua sventurata regina, è esemplare sul mondo che fu.

Personalmente, lo ammetto senza mezzi termini, mi è piaciuta molto una certa ambiguità che si può notare alla conclusione della storia.
Un'ambiguità che certo è data anche dalle pieghe del tempo, ma che non può non lasciarti avvolti nel suo mistero.
E' un aneddoto che la Craveri non si risparmia di notare e che invece risulta essere estremamente interessante proprio perchè denota la superficialità che era ben ritratta anche dai libri di Watteau: quando guardi la nobiltà ritratta dall'artista e leggi della stessa superficialità nella fine di quel libro, non puoi non capire perfettamente come mezzo secolo dopo la morte dell'artista, i francesi hanno fatto una (la) Rivoluzione.




Se sei interessato...


giovedì 16 giugno 2016

Vendetta in rosa

Sto scrivendo ancora il nuovo capitolo di uno dei racconti, che mi sta prendendo più tempo del previsto. Spero di finirlo a breve, per intenderci.

Intanto mi permetto di segnalare la storia di una vendetta al femminile. Una storia vera e piuttosto simpatica. E' comparsa sul Corriere della Sera e per quanto ci siano delle premesse sulla situazione attuale della ragazza quando il giornalista parla della trasformazione su cui avrei da ridire su un paio di punti, è la storia in se che non ho potuto non apprezzare e mi è venuta voglia di condividerla. Lui chiede anche scusa con le frasi di circostanza, ma lei ha ribattuto la verità. Spero poi non gli dia una possibilità, perché quelle parole sono talmente vecchie che le ho già sentite pure io. E no, sono stufa di dare il beneficio del dubbio.

Perché?
Perché io stessa sono stata una di quei mostri che poi si è trasformata in una ragazza piacevole da guardare anche senza i mille chili di trucco (che sono troppo pigra per mettere) e ho avuto a che fare con amici che a distanza di tempo hanno fatto apprezzamenti che denotavano quanto mi sottostimassero prima come oggetto di probabile desiderio. Il che comunque insulta la mia dignità in primis (perché non sono solo un oggetto scopabile, ma una persona), e la loro che se pensano così di relazionarsi con le donne, allora sono i primi a non essere scopabili.

Un altro motivo è perché le commedie americane che ci costringono a tenere come stereotipo l'idea che la ragazza brutta (che brutta non è) e sfigata, diventa la strafiga (perché da pantalone, passa a minigonna) di turno e poi è felice che il tipo che prima la tormentava ora la ama.
Ma quella protagonista non merita il meglio. Le donne vere sì.

giovedì 9 giugno 2016

IL CALORE DEL SANGUE di Irène Némiruvsky e PAESI TUOI di Cesare Pavese

Volevo scrivere un post solo sul primo dei due libri del titolo, ma poi non ho potuto non fare mentalmente il paragone all'altro e la passione di quella lettura ancora è tanto forte in me che non ho potuto non decidere di metterla in atto.
Due libri che sono stati scritti nello stesso periodo, due libri che hanno una morte tragica al loro interno, due libri che indubbiamente mostrano una differenza abissale: quella dei due autori.

L'anno scorso il nome di Irène Némiruvsky è diventato famoso grazie a un film d'amore ambientato nella seconda guerra mondiale dove una donna francese si innamora di un soldato nazista che, se non ricordo male, è stato ospitato a casa sua. 
Ammetto di non aver visto il film per due motivi fondamentali: è una storia d'amore ed è ambientata nel periodo della seconda guerra mondiale. 
Ebbene sì, in questo blog parlo essenzialmente delle (dis)avventure morose di gruppo di donne, basandomi su storie veramente accadute, ma di romanzi rosa ne leggo ben pochi e, di sicuro, i film d'amore sono ben lontani dalla mia classifica dei film da non perdere.
Devo anche ammettere che la seconda guerra mondiale è in argomento piuttosto controverso per me. Sono una che legge documentari e resoconti di prima persona, che si è commossa con Elie Wiesel (pubblicherò certamente un riassunto del suo libro La notte e aggiungerò il link qui), ma non guardo i documentari sul nazifascismo, figuriamoci guardare un film simile.

Nei fatti, la signora Némiruvsky la conosco per un altro racconto.

http://rosascioccato.blogspot.it/
Il libro non è altro che il racconto controverso ed estremamente realistico. Provate a seguirmi. La storia comincia con il narratore Sylvestre che viene invitato al matrimonio della figlia di alcuni suoi amici di vecchia data a cui è molto legato: sua cugina Helene ed il marito Francois. Da qui sappiamo già qualcosa dei due coniugi: sono sempre stati molto innamorati e fin dal primo momento che Francois la incontrò quando ancora era una bambina, aveva deciso che si sarebbe sposato con lei. Già dalle prime battute, però, sappiamo che c'è qualcosa che non viene detto, che viene taciuto e che non tutti sanno; non era il primo marito di lei, non era nulla di che... forse. La storia comunque va avanti e parla del matrimonio dei due giovani innamorati (Colette e Jean) e si scopre anche molto sul perchè Sylvestre, un tempo di famiglia ricca e agiata, avesse invece perso tutto. La storia poi precipita in un giallo e i nodi vengono al pettine. Cose che il lettore intuisce solo o ha il sospetto, alla fine hanno un senso compiuto.


Questo breve racconto (scusate, ma per me è davvero difficile chiamarlo romanzo visto che il formato della Piccola Biblioteca Adelphi è di un A5 e il numero di pagine si aggira ai 150 con una velocità di lettura che può essere da un giorno a un'ora - dipende dal lettore) racconta quello che in verità era quasi la norma nelle storie di paese, parlando di una certa omertà dilagante, dove la noia porta ad azioni che in facciata non si farebbero mai, dove il rancore da tempo nascosto viene alla luce in tutto il suo fuoco. Se inizialmente puoi patteggiare per un personaggi, poi non puoi non trovarlo insofferente per il finto perbenismo che impone. Le persone del villaggio poi sembrano così simili a tutti gli abitanti di un certo mondo antico, dove devi obbedire alle loro regole, essere con loro e rimanere dalla loro parte e dove non c'è spazio che per l'assecondare un volere collettivo, dove, soprattutto, tutti sanno tutto ma nessuno sa niente e anche quando hanno deciso e voglio ammonire, comunque non parlano della verità di quello che è e che tutti sanno.
Il libro riesce ad essere in una così veloce lettura, tutto quello che molti libri tendono a voler essere in molte più pagine, anche se forse non sarebbe mai riuscito ad andare più nel profondo nella denuncia dell'ipocrisia di una finta vita perfetta dove il mondo agreste è idilliaco che non lo è e dove i rancori e le passioni non sono latenti, ma solo mal celate.

Insomma: un classico: nessuno parla ma tutti sanno tutto, tranne chi dovrebbe.




Autore di tutt'altro calibro è invece Cesare Pavese, sopratutto in PAESI TUOI .

Lessi questo libro bella più completa ignoranza. Solo dopo associai uno dei libri-polettone (La luna e il falò) di cui mi parlavano alcuni compagni e che il mio professore di italiano non ci fece mai leggere (preferendo molto di più Memorie dal Sottosuolo).  


http://rosascioccato.blogspot.it/


Anche Paesi Tuoi è un libro campestre, come l'altro. Ma qui il narratore non è un uomo ormai ritiratosi dal mondo, ma piuttosto un giovane ragazzo torinese: Berto.
Berto incontra in cella Talio, un contadino che non gli si scolla di dosso e che infine segue, finendo in un posto a lui del tutto estraneo: la campagna.Qui fa la conoscenza della famiglia di Berto: dal padre Talino (che guai a chi gli tocca l'unico maschio), alla madre alle quattro sorelle.
La differenza tra Berto e i suoi ospiti è profonda, lui non ha un'alta considerazione, se non per la più giovane, Gisella, che è l'unica ad avere un minimo di attrattiva ai suoi occhi.
Il ragazzo veleggia, come il lettore, che c'è qualcosa che non va, ma come il lettore prosegue con la sua storia fino all'atto tragico e Berto, sconvolto, l'unica cosa che vuole fare è tornarsene a casa. Qui di idilliaco non c'è nulla, solo la cruda realtà del mondo.Tutto è intenso in quello che accade e non c'è nessun mistero da svelare. Anche qui tutti sanno e tutti tacciono e solo Berto, che è estraneo, rimane veramente sconvolto dalle azioni che vengono perpetrate. Qui Pavese affronta temi forti e terribili, dalla violenza, all'incesto, dal maschilismo alla violenza di genere in un libro che sconvolge e quando lo finisci non puoi ancora credere di averlo letto davvero.
Qui si parla di passioni profonde, di ingiustizie inaudite e di rifiuto, della Bestialità della condizione umana.Nei fatti, Pavese vuole mostrare anche il cambiamento del mondo, come si stanno evolvendo le cose, dal malessere delle persone alla sempre attuale migrazione.
Temi allegorici usati o no, non riesci a rimanere indifferente davanti alla storia che Berto racconta, non puoi farlo.
Nel romanzo c'è la misoginia che ancora è ben presente nel nostro Paese, dove il figlio maschio viene difeso da tutto: dagli incendi, dallo stupro, dall'omicidio.
E' un libro intenso e, ben lontano dall'essere splatter, ti da meglio di altri un forte senso di orrore, come un pugno allo stomaco: perchè anche se non è reale, è indubbio che abbia un che di realistico.


Se anche tu sei interessato a leggerli...

    

martedì 7 giugno 2016

Simona e la lunga storia d'amore (VI parte)

Roberto l'aveva bidonata come al solito. Era stanco e voleva guardare una non ben specificata serie televisiva americana di spie e simili. Aveva preso per assodato che, nonostante la bella e calda serata estiva, lei rimanesse piazzata con lui sul divano.
Peccato che aveva detto no e, guardando Rosa le aveva chiesto
<< Cosa fai stasera dopo il lavoro? >>
Il perchè era noto anche a Rosa, anche se non era stato esplicito.
E aveva un nome.
Dopo averla salvata da buona parte delle ripicche emotive di Roberto, Mario le era rimasto in testa.
Aveva chiesto a lui e ai suoi amici dove sarebbero stati, per poi scoprire che andavano in uno dei suoi locali abituali. Aveva risposto che anche lei pensava di farci un salto, però non ne era molto sicura.
Roberto infatti non ne voleva sapere di uscire ed era stato così che aveva raggiunto Rosa.
Le aveva accennato che avrebbe voluto andare al JoKe ma che aveva saputo che anche dei loro amici sarebbero andati là.
Lei non aveva mangiato la foglia, ma aveva accettato.
<< Mi offri da bere, però. >>
Per sua fortuna la richiesta alcolica di Rosa non era stata particolarmente costosa.
Si era invece preoccupata di sorridere e salutare tutti come fosse una sorpresa trovarli lì e accettare con (falsa ma ben mascherata) felicità l'invito a sedersi con loro.
Rosa non era antusiasta per vari motivi. Il primo era che li conosceva. Il secondo era che li conosceva fin troppo bene,
Simona però apprezzò la sua capacità di adattamento e la serata fu molto piacevole.
Parlò un po' con tutti e un po' di tutto, fermandosi solo per parlare con gli amici che incontrava.
Joke era un locale molto frequentato dai musicisti della zona e lei ormai non solo lo frequentava da anni, ma conosceva bene, se non intimamente, il novanta per cento delle persone che lo frequentavano, con i quali aveva avuto collaborazioni artistiche, amicizie e molte storie da raccontare agli amici per farsi quattro risate.
Aveva anche intravisto il suo batterista, bere con una bella ragazza al fianco. Una bella ragazza che l'aveva fulminata con li occhi, quando si erano scambiati un cenno di saluto.
A lei, però, non era importato molto, preferendo concentrarsi su Roberto.
Verso metà serata, però, la piacevolezza di quella compagnia si incrinò irrimediabilmente.
<< Quella è proprio vestita pro stupro >>
Fu letteralmente una doccia fredda.
Tutti si girarono d'istinto verso l'entrata del locale, dove lui stava guardando.
<< Proprio pro stupro, guarda te! >>
Non era stato difficile intuire di chi parlava. Tra tutte le ragazze con i pantaloni di jeans e magliette scialbe c'era solo una ragazza che spiccava.
Era una giovane donna dai lunghi capelli neri, l'abito nero che le fasciava il bel corpo e dei tacci alti.
Ad essere sincera, non le sembrava particolarmente provocante. Tutt'altro.
Il vestito non era particolarmente corto, la scollatura non sembrava particolarmente profonda o di un tessuto particolarmente trasparente.
Gli altri ragazzi non dissero nulla, uno scosse la testa per dargli ragione e un altro ancora rise.
Le ragazze abbassarono o sguardo arricciando la bocca come per dire "un'altra delle sue uscite".
Ma non le serviva guardarla per sapere che Rosa voleva saltare alla giugulare di Roberto come un cane antidroga con uno spacciatore con la borsa piena di cocaina.
La guardò mordersi la lingua, mentre la implorava con lo sguardo di tacere.
Sapevo cosa avrebbe voluto fare.
Se non fisicamente, avrebbe figurativamente preso per il collo il ragazzo anche se era alto il doppio di lei e infilargli il tacco dodici della ragazza vestita di nero su per il retto.
Non poteva darle torto, come non le diede torto quando continuava a guardare l'orologio, tacendo per il resto della serata.
Non le aveva dato torto neanche quando salite in macchina aveva cominciato a infierire e ad insultarlo.
<< Certo che, Simo, sei messa davvero male se provi ancora attrazione per quello. Non solo Mario è così basso di livello morale e mentale da pensare davvero una cosa del genere, ma sa essere anche peggiore di così. Se ti accontenti di un così, non voglio sapere come è Roberto. >>
<< Non è che mi accontento, tanto non mi guarda neanche. >>
<< E non pensi che sia tutto un guadagno? >>
Simona non rispose, sospirando.
<< Forse hai ragione. >> le disse quando stava per scendere dalla sua macchina << Ma abbi pazienza, ok? >>
<< Tranquilla. Gli amici servono sopratutto quando fai stupidaggini, se no non ha senso averli. Ma tu lo sai che meriti di meglio, vero? >>
Meritare di meglio... era bello sentirselo dire.
Ma... ma aveva Roberto a casa.