Oggi è morto lo zio di mio padre: un ottantenne, prete.
Mio padre lo ha saputo questa mattina tramite un lapidario messaggio di sua sorella maggiore. Lei è avvezza a messaggi estremamente concisi: da brava bergamasca va dritta al sodo e non si dilunga oltre.
E' sempre stato un uomo gentile e divertente, a cui piaceva far divertire i bambini con giochi di prestigio: era il migliore.
Noi nipoti gli volevamo tutti un mondo di bene e lo adoravamo, quando eravamo piccoli.
Ora è col Dio a cui ha dedicato tutta la vita e, in fondo, forse per lui andrà bene così.
Però... c'è un però.
Sono stati degli infami, quelli della comunità religiosa a cui apparteneva e dove dormiva.
La versione ufficiale era
"ha avuto un po' di influenza settimana scorsa, ma era passata... ieri non ha voluto mangiare a cena e stamane è stato trovato morto".
Peccato che erano dieci giorni che il fratello continuasse imperturbabilmente a chiamarlo e lui non rispondeva, gli dicevano
"lei richiami", lui richiamava e ripetevano "lei richiami".
Lui però sapeva che c'era qualcosa che non andava: suo fratello richiamava sempre al massimo entro dieci minuti. Sempre.
Non si vedevano più molto, non perchè non volessero ma non potevano: tra la patente tolta di uno (il prete) e i ricoveri dell'altro, si vedevano quando c'erano le congiunzioni astrali che lo permettevano.
Ma si sentivano: avevano i cellulari e si sentivano.
Tranne in questa occasione.
Motivo per cui ha chiamato un amico, anch'esso prete, che viveva in un'altra comunità ma che sarebbe dovuto andare dove risiedeva mio zio. Lui gli avrebbe riferito.
Sarebbe dovuto andare stamattina, ma un parrocchiano gli ha detto della perdita.
Dei parenti? Chissene frega. Se fosse stato per loro, avrebbero continuato a dire "lei provi a richiamare più tardi".
La mia opinione? Lo hanno lasciato morire da solo come un cane e la cena non gliel'hanno proprio portata.
Venite a chiedervi i soldi.
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